«La mia proposta è bloccare la prescrizione dopo il rinvio a giudizio, con termini perentori per chiudere le successive fasi. Ma se c’è un no a questo, la sola mediazione è limitare la norma Bonafede alle sentenze di condanna». A dirlo è il deputato di Leu, e avvocato, Federico Conte.

Partiamo da un punto. Federico Conte è un avvocato penalista raffinato. Giovane e figlio d’arte. Deputato eletto a Salerno, rappresenta Leu in commissione Giustizia alla Camera. È molto ascoltato ai vertici di maggioranza sul processo penale perché è tra i più tecnici, almeno quanto il premier, quasi suo omonimo, che è civilista. «E infatti lo scorso 19 dicembre ho verificato come una mia proposta, in particolare, sia stata ascoltata con molta attenzione. Anche da Bonafede, avvocato a sua volta». Ecco. Conte ha messo sul tavolo l’ipotesi che rischia di corrispondere alla plurievocata sintesi sulla prescrizione, per quanto suscettibile di molte obiezioni: «Limitare la norma Bonafede alle sole pronunce di condanna in primo grado. Tenere fuori dal meccanismo chi in primo grado è assolto. E dedicare tutti gli sforzi della riforma a tutelare i condannati affinché i loro giudizi in appello e in Cassazione si chiudano in tempi davvero ragionevoli». Dopodiché il deputato di Leu tiene a chiarire: «È evidente che non si tratta della soluzione migliore in assoluto. Non lo è sul piano della rigorosa adesione al dettato costituzionale. Io ho depositato una proposta di legge piuttosto diversa».

Ecco, onorevole Conte: partiamo da quella.

Da una settimana prima che il Pd presentasse la rielaborazione della riforma Orlando, è agli atti di Montecitorio un mio testo che prevede di anticipare il blocco della prescrizione al rinvio a giudizio.

E fin qui sarebbe ancora più devastante della norma appena entrata in vigore...

... ma entrerebbero in gioco dei termini di fase perentori, a pena di decadenza dell’azione penale, già in primo grado. Con una particolarità: un primo arco temporale di un anno lasciato a disposizione del giudice per programmare le udienze. Dovrebbe farlo non secondo il criterio meramente cronologico adottato oggi, che produce solo rinvii, ma tenuto conto della effettiva possibilità di celebrazione.

E quanto durerebbe il primo grado?

Dopo l’anno a disposizione per il calendario, il primo grado di giudizio dovrà chiudersi perentoriamente entro due anni, che possono diventare tre su ordinanza del giudice qualora ritenga si tratti di un processo dalla particolare complessità. Un’ordinanza impugnabile, naturalmente, da parte della difesa. Avremmo dunque il termine di prescrizione del reato tutto a disposizione dei passaggi che precedono l’eventuale rinvio a giudizio, ma con il controllo del gip sull’effettivo rispetto dei termini per le indagini, già previsto nella bozza Bonafede. Poi 3 anni, o 4 nei casi più difficili, per chiudere il primo grado e, secondo la mia proposta di legge, due anni entro cui deve completarsi la fase d’appello e un anno e mezzo entro cui deve pronunciarsi la Cassazione.

Quando ne parlerà il 7 gennaio al vertice, Bonafede le ribadirà: così la prescrizione rientra dalla finestra.

No, guardi, è tutt’altra cosa.

Perché?

La prescrizione processuale da me ipotizzata anche per il primo grado ha un significato completamente diverso dalla prescrizione del reato: io do ancora più tempo allo Stato per acquisire la notizia di reato, perché appunto prevedo che il termine di prescrizione possa anche consumarsi quasi per intero negli anni che precedono il rinvio a giudizio; poi però, una volta emesso l’atto che dispone il giudizio, tu Stato non hai più motivi per sottrarti. Hai deciso di perseguire un’ipotesi di illecito, ma devi farlo entro tempi determinati. Non ci sarebbe più il reato che si estingue perché nascosto troppo a lungo, ma resta l’obbligo di garantire la ragionevole durata del processo.

Sembra invece che la sola minima apertura di Bonafede sia su un blocca- prescrizione limitato alle sentenze di condanna: è vero?

Una cosa devo dirla: al vertice del 19 dicembre sono stato io ad avanzare quell’ipotesi. Premesso che il sistema più razionale è quello appena descritto, e che ho articolato in una proposta di legge, se lo si deve conciliare in termini di mediazione politica con l’imprescindibilità dello stop alla prescrizione finora opposta dal ministro, mi sembra che la sola via d’uscita politicamente praticabile sia liberare almeno le sentenze di assoluzione dall’incubo del processo eterno.

Ma così non si infrange la presunzione di non colpevolezza? Può bastare una condanna in primo grado per vedersi infliggere una condizione così aggravata, rispetto a chi in primo grado è assolto?

Con un paradosso potrei ribattere: meglio dimezzare lo spazio di probabile incostituzionalità. D’altronde io stesso ho rappresentato al ministro che i profili di illegittimità della sua norma, che blocca la prescrizione in tutti i casi, sono notevoli, e che intanto i penalisti promuoveranno probabilmente un referendum abrogativo. Poi si può dire che una condanna in primo grado un po’ attenua, nei fatti, la presunzione di non colpevolezza, e che in ogni caso a quel punto bisognerà concentrare tutti gli sforzi per garantire, a chi è condannato, delle fasi d’appello e di legittimità le più celeri possibili. Anche con la possibilità per l’imputato stesso di chiedere l’anticipazione dell’udienza, come proposto dal ministro.

Lei dice che Bonafede potrebbe convincersi davvero?

Posso solo dire che ha ascoltato con attenzione. E che una simile ipotesi contempera con il minor danno realisticamente possibile, allo stato, l’esigenza di completare l’accertamento, avanzata dai 5 Stelle, con quella dei tempi ragionevoli.

L’Unione Camere penali le dirà: caro Federico Conte, non puoi pugnalare così i tuoi colleghi.

Ho un’enorme stima del presidente Caiazza. Lui rappresenta tutti gli avvocati penalisti, ma io faccio il politico e temo che affermare anche con energia la propria giusta ragione non basti a vederla prevalere sulle pretese altrui. Aggiungo: con la limitazione alle sole condanne, non si può certo dire che il quadro attuale peggiorerebbe: almeno di un po’ sarebbe migliore.

Un’ultima cosa: lo sa, vero, che, sulla legge Costa, qualora Italia viva votasse con l’opposizione, lei sarebbe l’ago della bilancia in commissione?

Noi dobbiamo trovare una soluzione sul piano politico. Se la maggioranza salta su questo, va al governo la componente più giustizialista di tutte, ossia la destra leghista. Quella dei decreti sicurezza e della legittima difesa. Non dimentichiamo che la riforma della prescrizione è controfirmata da Giulia Bongiorno, non dimentichiamolo mai.