«Al governo serviva più coraggio» : firmato Lorenzo Fioramonti. L’ormai ex ministro dell’Istruzione ha motivato così la decisione di abbandonare gli uffici di Viale Trastevere e, con quelli, un esecutivo che, tra tensioni, polemiche e scontri, ha archiviato la legge di bilancio e ora si appresta ad affrontare la verifica di gennaio.

Quella frase, però, non chiude solo l’esperienza governativa del professor Fioramonti. No, quella frase è l’emblema del Conte 2 perché, a 4 mesi dalla nascita dell’esecutivo giallorosso, è proprio questo deficit di audacia l’elemento più evidente della maggioranza.

Serviva più coraggio sulla legge di bilancio: coraggio nello sfidare lo spirito dei tempi e, magari, far salire in modo selettivo l’Iva per liberare risorse per il taglio del cuneo fiscale. Serviva più coraggio sugli investimenti green, segnando una svolta netta in quel campo e non solo il timido avvio di una nuova stagione. Serviva più coraggio sul contrasto all’evasione fiscale, sul sostegno alla moneta elettronica e sul tetto all’uso del contante. Serviva più coraggio per riscrivere Quota 100 e per correggere le storture del reddito di cittadinanza. Serviva più coraggio per non far passare come una “misura di civiltà” – come da celebrazione sul Blog delle stelle - l’aumento per le pene per gli evasori.

E, invece, in un continuo di distinguo, aut- aut, polemiche e proteste l’esecutivo si è trovato a scegliere mediazioni al ribasso e rinvii. Sulla legge di bilancio appena licenziata dal Parlamento e non solo. Serviva più coraggio per rallentare l’iter della riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari, implementandola con altre novità da inserire in Costituzione per tenere in equilibrio il sistema istituzionale. Serviva più coraggio per archiviare la stagione salviniana in materia di sicurezza e gestione dei flussi migratori.

E, invece, i due decreti sicurezza varati dal Conte 1 sono ancora legge dello Stato nonostante al governo ci siano oggi forze politiche – Pd, LeU e Italia Viva – che avevano duramente attaccato quelle misure. Serviva più coraggio sui diritti. Ius soli e ius culturae sono rientrati nel confronto politico giusto il tempo necessario a Luigi Di Maio per bloccare con un riflesso pavloviano figlio dell’assedio sovranista sull’elettorato grillino, ogni proposito delle forze progressiste di dare al Paese una nuova legge sulla cittadinanza.

Serviva più coraggio sulla giustizia per fermare l’entrata in vigore dal 1° gennaio delle nuove norme sulla prescrizione, che, in assenza di una riforma dei tempi del processo penale, rischia di dilatare i procedimenti, calpestando il diritto costituzionale alla “ragionevole durata del processo” sancito dall’articolo 111 della nostra Carta. E, invece, dal 7 del prossimo mese si aprirà l’ennesimo tavolo di maggioranza in materia con il consueto corredato di distinguo, attacchi e accuse. In quell’occasione, poi, si dovrà trovare un’intesa anche sulle intercettazioni dopo l’ennesimo rinvio dell’entrata in vigore della riforma Orlando.

E ora? E ora quel coraggio rimasto in naftalina nei primi mesi del Conte2 servirà fin dall’alba del 2020. Servirà coraggio per affrontare le oltre 140 crisi aziendali aperte al Mise, per trovare la strada per coniugare lavoro e tutela dell’ambiente all’Ilva di Taranto e per mettere un punto realmente fermo nella tormentata storia recente di Alitalia.

Servirà coraggio per far sedere tutti i leader della maggioranza intorno alla stesso tavolo per aprire la verifica di gennaio, stilare l’agenda 2023 e sfidare la logica del galleggiamento che è sembrata la cifra dominante dell’alleanza giallorossa. E, infine, servirà coraggio per dirsi di andare avanti, di dare un’anima ( per dirla con Zingaretti) a questa maggioranza di governo, trasformarla in una vera alleanza. In alternativa, visto che il Paese può permettersi tutto tranne che altri mesi di attesa, incertezza e ambiguità, servirà coraggio per dirsi addio e sfidare Salvini alle urne.