Il Consiglio di Stato esprime parere favorevole allo schema di decreto ministeriale sulle specializzazioni forensi. La Sezione consultiva ha motivato il via libera alla bozza, ripercorrendo le vicende che hanno animato il dibattito sul tema. Lo schema attuale, infatti, introduce modifiche rispetto al decreto del 2015, parzialmente annullato dallo stesso Consiglio di Stato nel 2017, in seguito a quattro sentenze del Tar del Lazio ( nn. 4424, 4436, 4427 e 4428 del 2017). In particolare, avevano sollevato dubbi le disposizioni che individuavano l’elenco dei settori di specializzazioni e la disciplina del colloquio di accertamento della comprovata esperienza, che ovviava alla frequentazione dei percorsi formativi specialistici. Oggi, il Consiglio di Stato ha sottolineato come le specializzazioni siano un’opportunità sia per i professionisti che per i cittadini, perchè facilitano l’incontro tra domanda e offerta di servizi legali. Tale parere è stato suffragato dalla relazione sull’Analisi di impatto della regolamentazione, i cui esiti comprendono il rapporto predisposto dall’Osservatorio nazionale permanente per l’esercizio della giurisdizione ( Onpg) del Consiglio Nazionale Forense: «Tra gli effetti positivi di lungo periodo», infatti, il Consiglio di Stato individua «l’incidenza della specializzazione sulla tempestività, leggibilità e rispondenza dell’offerta alle necessità e ai bisogni di cittadini e imprese relativi ai servizi legali». Il parere positivo, dunque, ha riconosciuto la necessità dell’intervento regolamentare in materia di specializzazioni, riconoscendone la necessità «in ragione di un evidente fallimento del mercato dei servizi legali, dove l’asimmetria informativa tra professionisti e clienti si traduce spesso in fenomeni di selezione avversa». Tuttavia, ha sottolineato che «è necessario evitare che la specializzazione della professione si traduca in una barriera cognitiva per coloro che dispongono di minori risorse e competenze». LE MATERIE Per rispondere a quella che, nella sentenza del 2017, il Consiglio di Stato aveva definito «l’esistenza di una asimmetria tra le specializzazioni di diritto civile e quelle riguardanti il diritto amministrativo e il diritto penale», le parziali modifiche al decreto apportate dal Ministero, con parere del Consiglio Nazionale Forense, hanno riguardato anche la individuazione degli ambiti di specializzazione. Il testo del regolamento articola tre dei settori previsti ( quelli relativi al diritto civile, al penale e all'amministrativo) in indirizzi di specializzazione, mentre non sono stati indicati sotto- settori o indirizzi per gli altri settori di specializzazione che articolano la scelta del legislatore. IL COLLOQUIO La contestazione principale al vecchio decreto riguardava le modalità del colloquio previsto per valutare la comprovata esperienza del professionista. L’attuale bozza, invece, prevede un rafforzamento della posizione di terzietà della Commissione ( tre avvocati iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti alle corti superiori e da due professori universitari di ruolo in materie giuridiche), la modifica dei criteri di valutazione del professionista e delle modalità del colloquio. La commissione, infatti, «anche in deroga al previsto numero minimo di incarichi per anno, tiene conto della natura e della particolare rilevanza degli incarichi documentati e delle specifiche caratteristiche del settore di specializzazione». Non più solo il requisito fisso del numero di incarichi ( che passano da 15 a 10 per anno), dunque: la commissione terrà conto anche della loro qualità, per valutare l’esperienza maturata dall’avvocato nel settore di specializzazione. Inoltre, il colloquio non sarà più un esame sulle materie di specializzazione, ma consisterà in una verifica dei titoli presentati e della loro congruenza rispetto al settore. Infine, è stata soppressa la previsione che individuava come illecito disciplinare la spendita del titolo di specialista senza averlo conseguito