Lo si potrebbe considerare un giudizio clamoroso. Perché dopo l’ assist fornito dall’Anm al governo sul blocca- prescrizione, arriva il contropiede fatale proprio dal magistrato inquirente che riveste la funzione più alta nell’ordinamento, ossia il procuratore generale di Cassazione Giovanni Salvi.

Ebbene, è proprio lui, audito ieri dalla commissione Giustizia della Camera, a definire «indispensabile intervenire sciogliendo l’alternativa tra carattere sostanziale e processuale della prescrizione», in modo che «i giudici non si addormentino nella certezza che comunque non abbiamo dei limiti di accertamento». Il pg di Cassazione corrobora indirettamente la linea del Pd, che propone, finora senza esito, proprio un «tetto di durata» per le fasi processuali successive al blocco della prescrizione, il giudizio d’appello e quello dinanzi alla Cassazione. È tanto più interessante l’analisi di Salvi se si considera che a suo parere «l’intervento che dovrebbe entrare in vigore adesso» soppressivo della prescrizione dopo il primo grado, potrebbe essere «un buon punto di partenza».

Ma intanto il discorso dovrebbe valere «solo per le sentenze di condanna».

Certo, ha aggiunto il pg presso la Suprema corte, «nel fatto che, come in altri ordinamenti, vi sia, dopo la sentenza di primo grado, la mancata operatività della prescrizione, non è di per sé negativo. Vi sono però degli aspetti che non possono non essere esaminati», ricorda a quel punto Salvi, a cominciare dal «diritto all’oblio, che si correla al parallelo e contrapposto diritto a conoscere. Due interessi che vanno bilanciati».

Il deputato pd Franco Vazio, vicepresidente della commissione Giustizia, definisce le parole di Salvi «una importante conferma circa le preoccupazioni più volte sollevate». E secondo il capogruppo dem in commissione Alfredo Bazoli, «c’è da chiedersi per quale ragione il ministro della Giustizia continui a mettersi di traverso rispetto a una soluzione tecnicamente corretta», quale appunto «la prescrizione processuale in fase d’appello».