Per mesi, dalla nascita del governo gialloverde fino alla crisi dell’agosto scorso, il pugno duro di Matteo Salvini sull’immigrazione ha garantito all’ex vicepremier consensi e leadership su un terreno delicatissimo. Chiudendo i porti, il Capitano leghista ha costretto le centinaia di disperati raccolti dalle Ong a restare confinati nelle imbarcazioni mentre ingaggiava un braccio di ferro con la Ue e succhiava voti agli alleati Cinquestelle. Una strategia vincente al punto da rovesciare i rapporti di forza sanciti dalle urne politiche e vincere alla grande le Europee, costringendo Di Maio a difenderlo in Parlamento contro le richieste di messa in stato d’accusa e infine intestandosi il via libera di due decreti “di sicurezza” tranquillamente votati dai grillini, sui quali perfino il Colle ha dovuto chiedere chiarimenti e che il Pd voleva fossero abrogati un attimo dopo il varo del nuovo governo giallorosso. Le norme sono ancora lì, pienamente in vigore.

Adesso - si potrebbe dire d’improvviso ma sarebbe ipocrita il quadro si è rovesciato. L’arma politica più micidiale del Capitano è denegata e si ritorce contro di lui. L’M5S - e con loro il premier che invece sulla Diciotti non aveva esitato a schierarsi - non solo non lo difende più ma su una vicenda praticamente uguale, la nave Gregoretti, è pronta a votare per mandarlo sotto processo. Mentre la Sea Watch della comandante Carola, sequestrata un attimo dopo aver toccato terra dopo un durissimo scontro sempre con Salvini, è di nuovo libera di solcare il mare.

Che cosa è successo? E’ ovviamente cambiato il quadro politico e ( soprattutto) di governo. Ma la domanda di fondo è se sia anche mutato l’atteggiamento degli italiani verso i migranti che il capo leghista, a modo suo, aveva intercettato facendone, appunto, la sua smoking gun. In attesa di risposta ( e di voti in giunta del Senato), il riflesso più condizionato e più sbagliato sarebbe di lasciar fare alla magistratura il lavoro sporco e attendere catarticamente lo scalpo dell’ex vicepremier. Proprio la parabola salviniana dimostra che il tema migranti abbisogna di una attenta e coordinata gestione politica, indipendentemente dagli eventuali atti giudiziari che attengono alla autonomia dei magistrati. Giocare sulla pelle dei più deboli è deleterio. Sia quando porta voti, sia quando affloscia le bandiere del consenso.