Adesso c’è anche la Brexit, non più un incubo ma stringente realtà. Prima c’era stato il via libera - però farlocco - al Mes: se ne riparlerà tra un mese con le modifiche che il premier Conte e il ministro Gualtieri sono sicuri di ottenere. Lo giudicherà Luigi Di Maio che nel frattempo continua perdere pezzi: ora in Parlamento; da tempo nel Paese.

In attesa del show- down emiliano- calabro c’è da approvare la legge di Stabilità in cui è rimasto lo stop all’aumento dell’Iva: gran parte del resto è stato rinviato secondo una prassi che sta diventando emblematica del modo d’agire dell’esecutivo.

Europa e conti pubblici continuano a far fibrillare la maggioranza. Non da soli. C’è da affrontare la crisi industriale e lo smottamento infrastrutturale del Paese: o qualcuno davvero credeva che il sabba sulla Tav avrebbe fatto evaporare il problema? Per non parlare del Moloch della riforma elettorale attorno al quale si snodano le movenze di chi la vuole fare e chi no, di chi punta a elezioni subito e chi tra anni: nella ridda capita pure che i danzatori si scambino ruoli e obiettivi. La lista potrebbe allungarsi, per esempio entrando nel terreno minato della giustizia, ma già così basta e avanza.

Ad una tale congerie di difficoltà, il presidente del Consiglio e i partiti della maggioranza intendono porre rimedio fissando una serie di misure da attuare in tempi certi e comunque tali da arrivare almeno all’elezione del nuovo capo dello Stato. Un “cronoprogramma” la cui stesura è affidata ad un vertice di maggioranza da tenersi all’inizio del prossimo anno. E’ stato usato il termine “verifica” e molti, con un velo piuttosto spesso di ipocrisia, hanno inveito ai riti della Prima repubblica. Stabilito che le questioni terminologiche sono deprimenti, il nodo centrale è che questo appuntamento rischia di risultare politicamente inutile e fattualmente improvvido se non serve a sgombrare il campo da almeno i macigni più corposi che ostruiscono il cammino del governo. Per intenderci più che il come sarebbe decisivo stabilire una volta per tutte il perché la coalizione giallorossa deve andare avanti altri tre anni. Se solo per sbarrare la strada a Matteo Salvini oppure se perché ci sono convergenze vere ( e quali) sui principali dossier italiani.

Sarebbe importante per il governo e per i cittadini comprendere se gennaio sarà la fine dell’inizio oppure l’inizio della fine.

Tirare a campare logora.