«L’Organismo congressuale forense scrive direttamente al premier affinché richiami il ministro per riequilibrare le necessarie interlocuzioni con l’Organismo e ripristinare una doverosa e corretta informazione proveniente dagli organi di governo». Lo si legge in una nota diffusa ieri dall’Ocf, che dà appunto notizia dell’iniziativa con cui l’Organismo ha deciso di indirizzare una lettera al presidente del Consiglio Conte. «L’ultima esternazione di Bonafede è avvenuta in diretta televisiva quando ha spiegato, testualmente, che “i reati dolosi non sempre sono facilmente dimostrabili e quindi diventano colposi, con una conseguente riduzione dei tempi di prescrizione”», segnala ancora la nota. «Una frase incredibile», commenta Giovanni Malinconico, coordinatore dell’Ocf, «che suscita moltissime perplessità e sulla quale si potrebbe soprassedere, se in gioco non ci fossero i diritti fondamentali dei cittadini e secoli di civiltà giuridica». «Fra le questioni che gli avvocati giudicano inaccettabili», si legge ancora nella nota dell’Ocf, «anche la preferenza di Bonafede per i tavoli di confronto - l’ultimo sulla riforma dell’accesso alla professione - ai quali non è stato invitato l'Organismo congressuale forense, organo di rappresentanza politica dell’Avvocatura, e che vedono la partecipazione della rappresentanza istituzionale forense, come noto sottoposta alla diretta vigilanza di via Arenula. Di qui l’appello all’avvocato Conte, prima che premier, stimato collega». Nel pomeriggio di ieri dal ministero è stata diffusa una nota in cui si sostiene che «il consigliere per le libere professioni del ministro Bonafede, Pietro Gancitano ha contattato il 10 dicembre i vertici di Ocf affinché fornissero nominativi da inserire in vari tavoli tecnici».

Ma a protestare per lo svarione del guardasigilli sui reati dolosi sono anche diversi Ordini forensi. Alcuni, come quello di Napoli, sollecitano una mozione di sfiducia nei confronti del guardasigilli, mente altri, come l’Ordine di Palermo, ne chiedono le dimissioni. Lo stesso Bonafede ha ammesso «l’oggettiva scorrettezza giuridica» della sua frase e ha detto che «le critiche sono sempre bene accette».