Che Grillo abbia chiamato o no Di Maio per imporgli un atteggiamento più mite con gli alleati di governo poco importa. Quel che è certo è che allinterno del Movimento 5 Stelle, tra i vertici come tra la base, linsofferenza nei confronti del capo aumenta di giorno in giorno. Cè chi minaccia documenti per sfiduciare il leader, da far sottoscrivere ai parlamentari, e cè chi però ha già deciso di abbandonare un partito considerato irriformabile dal di dentro. «Una decina di deputati e un paio di senatori lasceranno il gruppo a gennaio», racconta una deputata M5S che però non ha alcuna intenzione di seguire lesempio dei colleghi ribelli. Destinazione degli scissionisti? «Il Misto, almeno in un primo momento». Ma lidea è quella di smarcarsi definitivamente dagli umori del capo politico e seguire, senza rischiare processi interni, la linea indicata più volte dal Garante: alleanza duratura con la sinistra per portare a termine «progetti alti, bellissimi». Progetti che lala progressista del Movimento non crede di poter più sviluppare insieme a Di Maio e a un redivivo Alessandro Di Battista, considerati molto più vicini alla Lega che al Pd. La prima pattuglia di transfughi, dunque, ha preparato le valigie per gennaio, subito dopo le elezioni regionali che, per volere del capo politico, vedranno il Movimento correre in solitaria sia in Calabria che in Emilia Romagna. Un suicidio politico, secondo i ribelli, che porterà il partito a schiantarsi ed esporrà il governo a nuove turbolenze. La mini scissione per il ministro degli Esteri sarebbe lennesima picconata alla sua leadership, già indebolita dalla freddezza mostrata da alcuni ex fedelissimi come i ministri Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e Vincenzo Spadafora, irritati dal continuo cannoneggiamento su Conte. Di Maio prova a sminuire la portata del dissenso ma in mattinata ammette: «Su 320 parlamentari ce ne sono una decina spaventati quando alzo la voce», dice. «E io non rinuncio alle nostre battaglie perché qualcuno è spaventato per il destino della legislatura. Vengano allo scoperto», aggiunge il capo politico, prima di prendere le difese dufficio di Dibba, il vecchio amico, finito al centro delle critiche di buona parte del gruppo parlamentare per le ultime uscite via social: «Trattare Alessandro come un corpo estraneo al movimento mi fa male, abbiamo costruito un pezzo di Movimento insieme». Ma insieme potrebbero anche tirarlo giù.