Ci sono momenti in cui ci si trova davanti al baratro. E si riflette. Al Pd e ai 5 Stelle dev’essere successo proprio questo. Nel giro di poche ore, addirittura di minuti, prima Luigi Di Maio dice che «sulla prescrizione le buone proposte sono ben accette». Poi Andrea Orlando apprezza «il passo avanti, l’attenzione di Bonafede» e «il tono diverso» del capo politico. Quindi spiega: «È il momento di interrompere la discussione a distanza e di fare proposte concrete, non vogliamo essere accusati di non aver cercato una soluzione».

E la soluzione, come chiarisce sempre il vicesegretario dem, «è stata annunciata al ministro Bonafede: mi riservo di telefonare al presidente del Consiglio per spiegargliela». In realtà la proposta è chiara. Non solo. E stata anche accennata al guardasigilli. Perché le rassicurazioni, e il tono giustamente spiccio che Orlando sceglie per il bollettino con i cronisti, arrivano molte ore dopo la conversazione col suo successore a via Arenula. Conversazione mattutina e altrettanto schietta, in cui il numero due Nazareno assicura che «invieremo in modo formale tra pochi giorni», un’ipotesi normativa.

Evita di farsi dire no prima di porre la questione, perciò non entra nei dettagli. Ma in realtà la exit strategy che a breve i democratici offriranno a Bonafede funziona più o meno così: «Lasciamo perdere la prescrizione processuale, rassegnamoci pure a far entrare in vigore la tua norma che blocca i termini dopo il primo grado, ma poi modifichiamola nella riforma del processo penale, in modo che il blocco diventi sospensione e sia più lungo di quello già previsto nella mia riforma. Da 18 mesi di stop dopo il primo grado e 18 dopo l’appello, possiamo arrivare a 24 più 24, o al massimo a 30 più 30».

Visto che per alcuni mesi sarà in vigore solo il blocca- prescrizione caro ai 5 Stelle, Orlando già chiarisce che «servirà una specifica previsione che riguardi il regime transitorio del processo». E cioè, considerato che la norma del Pd finirà nella più ampia riforma penale, destinata a diventare legge se tutto va bene a primavera inoltrata, si dovrà prevedere che le persone accusate di reati commessi nell’intervallo tra blocca- prescrizione e successivo aggiustamento dovranno beneficiare del regime a loro più favorevole, cioè del secondo.

Come finirà? Bonafede sembra prudente. Poche ore dopo aver sentito Orlando, si limita a dire che «con il Pd abbiamo praterie a disposizione per rendere più veloci i processi». E alza un muro sull’altra ipotesi ventilata nei giorni scorsi dall’alleato, la prescrizione delle fasi processuali «Vorrebbe dire far rientrare dalla finestra la prescrizione uscita dalla porta». Però dice anche di non poter credere che «maggioranza M5s- centrosinistra possa mettere in crisi il governo sulla prescrizione». E soprattutto confessa la sua «massima, totale e sincera disponibilità a vagliare le proposte del Pd e delle altre forze della maggioranza». Ieri, intanto, ha finalmente potuto portare in Consiglio dei ministri almeno il testo di riforma del processo civile.

Il capo politico forse si sbilancia un po’ di più del ministro. Dice che «sulla prescrizione ogni buona proposta che punti a far pagare chi deve pagare e vada dunque nella direzione auspicata dal M5s è ben accetta». Basta che non si minaccino «proposte individuali con l’unico fine di alimentare spaccature interne». Tradotto: Di Maio è ben felice che il Pd abbia almeno per ora rinunciato all’idea di proporre un testo di legge con la prescrizione processuale a prescindere dal consenso del Movimento, e a costo di votarselo con Renzi e il centrodestra. E oltretutto, il ministro degli Esteri sa bene che mentre lui parla, i deputati suoi e di Zingaretti in commissione Giustizia hanno negato a FI, Lega, Fratelli d’Italia e alla stessa Italia viva l’accelerazione nell’esame della legge Costa, quella che abrogherebbe tout court la norma Bonafede. «Pd e Movimento 5 Stelle sono protagonisti di un balletto vergognoso», protesta il responsabile Giustizia degli azzurri.

Ma la crisi di goverrno dev’essere sembrata un prezzo troppo alto. La legge Costa non andrà in Aula né prima né subito dopo Natale, il Pd ha accettato di sgombrare il campo dalla mina più devastante. E forse, con quello di Orlando, il sigillo alla tregua lo imprime Dario Franceschini: «Vogliamo un accordo politico sulla ragionevole durata del processo, non è impossibile, non è pensabile avere Salvini a Palazzo Chigi per la prescrizione o la plastic tax». Metà avvertimento all’alleato, metà distensione.

Tutto risolto? In teoria. Il Pd è convinto di avere pronta una proposta che Di Maio e Bonafede non potranno rifiutare: blocca- prescrizione superato, anche se ex post, con una sospensione dei termini allungata dopo primo grado e appello. Si tratterebbe di un appesantimento della riforma Orlando, e sul tavolo con Conte il Nazareno dirà che un simile sforzo dev’essere apprezzato, e che non si può pretendere che un partito, ossia il Pd, rinneghi del tutto una propria riforma per far posto a un’altra che l’alleato ha scritto col vecchio partner, cioè con la Lega. Logico.

Il massimo della realpolitik. Ma non del diritto. A Orlando lo hanno detto presidente e segretario dell’Unione Camere penali, Gian Domenico Caiazza ed Eriberto Rosso. Lo hanno visto ieri al Nazareno, in un intervallo della loro instancabile maratona oratoria. «Sulla prescrizione si rischia la contemporanea operatività quantomeno di tre diversi regimi sostanziali», hanno ricordato al vicesegretario dem. Che è un intelligente ex guardasigilli. Ma che ora dovrà scegliere tra diritto e compromesso.