Pericolo scampato. Almeno per ora. Il rinvio della riforma del Mes, strappato da Roberto Gualtieri all’Eurogruppo fa tirare un sospiro di sollievo alla maggioranza, spazzando via ( momentaneamente) una delle maggiori insidie presenti sul cammino giallo- rosso. Il Trattato dovrebbe essere firmato entro il primo trimestre del 2020 e Giuseppe Conte potrà presentarsi l’ 11 dicembre davanti alle Camere a cuore più leggero. Esulta il Pd, che ha condotto la trattativa in Europa tramite il ministro dell’Economia, ed esulta il Movimento 5 Stelle, che sulla riforma del Fondo salva- Stati si era dissociato persino dal presidente del Consiglio.

«Abbiamo raggiunto un accordo in principio sul pacchetto legato alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità», spiega il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno. C’è ancora «bisogno di un chiarimento legale» sulla questione delle Clausole di azione collettiva, le famigerate Cacs, ma Centemero è convinto di riuscire a farlo già al prossimo «incontro di gennaio». E anche se l’impianto della riforma non verrà messo in discussione, il ministro dell’Economia italiano può rivendicare il successo della sua trattativa.

«C’era una richiesta dell’Italia di dare tempo al Parlamento di esprimersi e anche di chiarire e precisare alcuni aspetti del Mes», dice Gualtieri. «Su questo c’è stato esito positivo della discussione che ha saputo tenere insieme l’ottenimento di un risultato che volevamo, però con la credibilità, la fiducia e il consenso nei confronti del nostro paese», spiega il ministro. Che poi coglie l’occasione per replicare alle accuse leghiste di “alto tradimento” piovute in questi giorni sul premier e sul governo.

Il Meccanismo europeo di stabilità è nelle mani dei governi, dei ministri e dei Parlamenti, non delle istituzioni comunitarie, è il ragionamento di Gualtieri. Per questo, chi è sovranista dovrebbe fare pace con se stesso e capire che «l’eccesso di potere del Mes» è la garanzia che lo strumento resti di gestione degli Stati e non dell’Europa. «Vi spiego cos’è il Mes: c’ero io, c’erano tutti i miei colleghi ministri delle finanze, c’era Paolo Gentiloni, la Bce, attorno al tavolo presieduto dal socialista Mario Centeno, a suo fianco il segretario generale del Mes, l’italiano Nicola Giammarioli, e il suo executive director», racconta ancora il responsabile del Tesoro. «Questo è il Mes: siamo noi, vorrei svelare questo segreto, questa sorpresa. Quindi, eccesso di potere, cioè di noi stessi».

Eppure, le argomentazioni dell’esecutivo continuano a non convincere affatto Matteo Salvini, che sul rinvio del Trattato lancia un sospetto: «Non vorrei che sia l’escamotage per non far scannare Pd e M5S, magari fino a dopo le elezioni in Emilia Romagna».

Sospetti immediatamente rispediti al mittente dal Pd, che replica col ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola: «Borghi e la Lega vogliono uscire dall’euro, significa Italexit: far saltare i conti correnti degli italiani e il futuro delle nostre imprese», twitta l’esponente dem. «Loro lavorano a distruggere l’Europa. Noi a cambiarla in meglio come dimostrato sul Mes nel rispetto del Parlamento», aggiunge Amendola, riferendosi alle parole pronunciate da Claudio Borgi in mattinata, secondo il quale non può essere considerato un tabù discutere di uscita dall’Euro se l’argomento viene condiviso dal 25 o 20 per cento degli italiani.

Ma per quanto i leghisti provino a inserirsi nelle contraddizioni della maggioranza, questa volta i grillini non sembrano disposti a seguirli. Anzi, sul Blog esultano: il rinvio «è una notizia importante», scrivono, «ci ripaga del lavoro svolto in questi mesi». Lo scontro di governo può spostarsi su altri lidi.