Preparativi di guerra. Tra Pd e Movimento 5 Stelle la trattativa sulla prescrizione non va avanti. Anzi. Sembra già pronto il terreno per lo showdown destinato a consumarsi fra qualche settimana. Non sulla legge Costa ma direttamente sulla riforma del processo penale, quando arriverà a Montecitorio. Lo certifica una dichiarazione solo in apparenza distensiva del segretario dem Nicola Zingaretti che ieri, per la prima volta, entra nel vivo del dibattito sulla norma Bonafede: «Noi diciamo che accanto alla prescrizione bisogna garantire i tempi certi e brevi del processo. Se questo si ottiene noi non facciamo nessun problema, bisogna solo ascoltarci, che è la cosa più bella che si possa fare fra alleati». Una frase suadente solo nel tono. Perché quando il leader democratico parla di «tempi certi», oltre che «brevi», non allude semplicemente all’accelerazione della macchina penale auspicata dalla riforma del guardasigilli. Si riferisce a una durata massima «comunque insuperabile» del giudizio. Un limite invalicabile destinato per ora a sparire dal 1° gennaio, quando entrerà in vigore il blocca- prescrizione.

Altra prova di un conflitto sempre più inevitabile ma almeno più definito la offre proprio Alfonso Bonafede. Interviene di mattina, dai microfoni di “Agorà”: «Se il Partito democratico dovesse andare in Aula e fare asse con Forza Italia, Lega e FdI proprio sulla prescrizione dopo decenni di battaglia con Berlusconi, sarebbe un fatto grave, prima di tutto per gli elettori del Pd». Il ministro non chiama in causa esplicitamente la legge Costa, e non a caso: dopo la capigruppo di giovedì scorso, gli è ben chiaro che l’alleato non scivolerà nell’errore marchiano di votare un testo dell’opposizione.

Giovedì i dem non hanno affatto appoggiato la “procedura d’urgenza” chiesta dal responsabile Giustizia di Fi per la sua proposta, che abroga di netto la “nuova” prescrizione. E neppure è alle viste un via libera del partito di Zingaretti martedì in Aula, quando la corsia preferenziale invocata dagli azzurri sarà messa ai voti dell’assemblea. I democratici attenderanno il ddl penale di Bonafede. Aspetteranno che sia presentato in Consiglio dei ministri e poi incardinato a Montecitorio. Una volta in commissione, presenteranno sotto forma di emendamenti i correttivi finora respinti da Bonafede: la prescrizione per fase di appello e giudizio di legittimità, che non potranno superare una durata limite; o in alternativa una progressiva riduzione della pena calibrata sull’entità dello sforamento rispetto al termine prefissato. È chiaro che simili modifiche potranno passare solo con il voto compatto dell’opposizione. Ed è altrettanto chiaro come di fronte a uno scenario del genere il governo Conte rischierebbe di andare in frantumi in pochi istanti.

D’altra parte il Nazareno non pare intenzionato a compromessi. Non tanto per l’incalzante pressing di Forza Italia e in particolare di Costa, ma perché della “durata massima” ha fatto ormai una questione di principio. Lo ribadisce a Bonafede anche il suo predecessore a via Arenula, e vicesegretario pd, Andrea Orlando: «Noi non vogliamo passi indietro sulla prescrizione ma passi avanti sul processo penale. Multe e minacce disciplinari non funzionano. Al ministro continuiamo a chiedere soluzioni concrete». Altra allusione alla riforma del processo messa a punto dall’attuale guardasigilli, in cui si affida l’accelerazione dei tempi alle sanzioni nei confronti dei giudici che depositassero almeno un quinto delle sentenze di loro competenza oltre i termini, peraltro strettissimi, indicati dalla riforma, in alcuni casi addirittura di 3 anni appena.

Se da un fronte scende in campo Zingaretti, dall’altro si fa sentire Luigi Di Maio: «Mi si dice che potrebbe esserci un blitz in Parlamento sulla prescrizione per provare a fermare la nostra riforma. Se qualcuno ha intenzione di votare la legge che fa tornare ai tempi berlusconiani, spero che non sia qualcuno della maggioranza». Un tono che nella versione di Alessandro Di Battista diventa inevitabilmente anche più aspro: «La prescrizione è un tema su cui i dem devono per forza cedere. Fosse per me, andrebbe bloccata al momento del rinvio a giudizio. È evidente che se il Pd votasse con Forza Italia contro questa riforma il Movimento non potrebbe portare avanti questo governo. Ma non credo accadrà».

Sullo sfondo restano numerosi paradossi. Il primo riguarda la “prescrizione processuale” ipotizzata dal Pd, sulla quale l’Unione Camere penali ha chiesto ad Andrea Orlando un incontro: una soluzione del genere, secondo i penalisti, lascerebbe comunque una pesantissima incertezza giuridica dal momento che per sua natura non sarebbe retroattiva. L’avvocatura, a cominciare dal Cnf, insiste per un rinvio del blocca- prescrizione che, se emendato a posteriori, arrecherebbe dei danni notevoli alla stabilità dell’ordinamento.

L’altro paradosso riguarda l’iperbole lanciata da Di Battista: anche da parte di Leu, infatti, si propone di arretrare addirittura lo stop alla estinguibilità del reato alla richiesta di rinvio a giudizio. Con una differenza: che da quel momento in poi la prescrizione processuale scatterebbe innanzitutto sul giudizio di primo grado. Ipotesi che dimostra come il resto della maggioranza, da Italia Viva in poi, sia in realtà sulla stessa linea del Pd.