Da qualche tempo, soprattutto in correlazione al dibattito sulla lotta all’evasione fiscale, si assiste a ripetute invocazioni a un maggior impiego dello strumento detentivo. Il tutto sembra sottendere un argomento noto: il nostro è il paese del ben godi, in cui in carcere non ci sta nessuno, se non qualche mal capitato straniero. In linea con questa visione delle cose, qualche anno fa un noto giornalista riportava in tv una sorta di barzelletta raccontatagli da un magistrato, per il quale, piuttosto che pagare salatissimi divorzi, conveniva uccidere il coniuge, tanto non si finiva in galera.

Tuttavia i numeri del Ministero della Giustizia e quelli pubblicati dall’associazione Antigone ci raccontano altro: in Italia la popolazione carceraria cresce ormai costantemente dal 2015, nonostante, almeno dal 2010 i provvedimenti del Legislatore e della Corte Costituzionale consentano un maggiore, ma non indiscriminato, come si vuol far credere, accesso alle misure alternative alla detenzione.

Infatti i dati del Ministero della Giustizia rappresentano che al 31.12.2015 le persone detenute erano 52.164, mentre secondo gli ultimi dati pubblicati da Antigone al 31.10.2019 sono 60.985. In neppure 4 anni la crescita delle persone recluse è stata superiore ad otto mila unità.

Se poi si confronta la statistica attuale con quella al giugno 1991, primo dato utile pubblicato dal Ministero, colpisce come in quell’anno vi erano “soltanto” 31.053 persone ristrette, quindi poco più della metà di quelle oggi recluse.

Il confronto tra il dato del 1991 e quello odierno consente poi di cogliere la composizione sensibilmente diversa della popolazione carceraria.

Nel 1991, e così sarebbe stato sino a tutto il 1993, i detenuti in attesa di giudizio erano diverse migliaia in più di coloro che scontavano una pena definitiva. Oggi invece i condannati a titolo definitivo superano di circa ventimila unità gli imputati in vinculis. Ma attenzione, lo scarto attuale non è dovuto ad una contrazione di questi ultimi, leggermente aumentati, ma al sensibile incremento di coloro che stanno scontando la pena a titolo definitivo, passati da 12.689 a 41.103.

Dunque, a dispetto delle storielle, sono sempre più i condannati che stanno negli istituti di pena.

Peraltro l’aumento del numero dei detenuti pone un interrogativo. Come può la popolazione carceraria aumentare, se le misure alternative, intese in senso ampio, hanno sicuramente contratto il numero di coloro che sono entrati negli istituti di pena e favorito l’uscita di altri dal circuito carcerario ? Al riguardo si ricordi che si è ben lontani dai numeri del 2008, allorquando fecero ingresso negli istituti di pena ben 92.800, attestandosi invece gli accessi del 2018 a 47.257 unità.

Ed allora la soluzione va trovata nell’inasprimento delle sanzioni. Infatti nel 2009 circa il 60% di coloro che erano in carcere doveva scontare una pena detentiva inferiore a 5 anni, lì dove invece al 2018 questa percentuale si è ridotta al 45.8%, aumentando per converso la percentuale dei detenuti che devono scontare una condanna a pena superiore ad un quinquennio, soglia di pena ben lontana da quella per la quale è possibile accedere a misure alternative alla detenzione, e sempre che il titolo di reato lo consenta.

In sintesi, per buona pace dei narratori del paese del ben godi, il numero dei detenuti e la severità delle pene irrogate aumentano. Se ciò ci possa rassicurare, è altra storia.

* Avvocato