«A me sembra una affermazione senza alcun fondamento». Mariano Sciacca, presidente della sezione fallimentare e diritto d’impresa del Tribunale di Catania e presidente di Unicost, replica così alle parole con cui il componente del direttivo Anm Antonio Sangermano ha accusato, in un’intervista pubblicata ieri dal Dubbio, il gruppo moderato delle toghe di essersi “appiattito” sulle posizioni della magistratura progressista.

Presidente Sciacca, non è vero quindi che i magistrati moderati stanno virando a sinistra come affermato dal dottor Sangermano?

Guardi, questa è una accusa che non ha il benché minimo riscontro. È una mera enunciazione che Sangermano ha già fatto nella nostra assemblea di Roma, senza riuscire peraltro a fornire esempi concreti. Anzi la sua riflessione sconta delle contraddizioni insanabili e, credo, anche molto significative di un progetto politico di bipolarizzazione della magistratura associata che pretenderebbe di replicare la polarizzazione del dibattito politico del Paese.

Sangermano pensa sia giunto il momento di dar vita a un polo dei magistrati moderati.

Questo progetto di banalizzare e semplificare il dibattito associativo dei magistrati italiani viene da lontano. Ci vogliono tirare la giacchetta da un lato o dall’altro. Paradossalmente ci si lamenta di una sudditanza nei confronti dei colleghi della cosiddetta area progressista, ma al contempo si vuole creare un polo dei magistrati pretesamente moderati di stampo liberalconservatore. Ovvero l’esatto contrario di un magistrato che non si assoggetti a identificazioni politiche e tanto meno partitiche, ma risponda solo al disegno costituzionale che vuole la magistratura indipendente e imparziale, sia nella forma che nella sostanza.

E la proposta, sempre del procuratore presso il Tribunale dei minori di Firenze, di puntare, alle prossime suppletive per il Csm, su un candidato unico delle toghe moderate come Pasquale Grasso?

E quello che le dicevo. Una contraddizione evidente che si qualifica da sé stessa. Da un lato ci si lamenta di un appiattimento a sinistra e dall’altro si decide di uscire dal gruppo, mai prima avendo in questi anni sollevato alcuna critica, e si sceglie di sostenere platealmente un collega con una storia di militanza in Magistratura indipendente. Scelta rispettabile e legittima, ma che nulla ha a che vedere con la nostra storia e cultura associativa.

Comunque Grasso si propone come candidato moderato. Grasso è stato eletto nel comitato direttivo dell’Anm come rappresentante di “Mi”. Come tale, legittimamente, è stato eletto presidente dell’Anm. Ciascuno ha una sua idea di moderazione. Per noi moderazione è scelta di metodo, di ragionevolezza e fedeltà alla Costituzione che, non a caso, mai ha pensato a magistrati progressisti o moderati che siano. E comunque il discorso è più complesso.

A cosa si riferisce?

Noi rifiutiamo qualunque precostituita ideologia giudiziaria. Il magistrato che scenda nell’agone politico su temi sensibili, come i diritti civili, il fine vita, lo ius soli, dev’essere in grado di fornire il suo contributo tecnico, evitando strumentalizzazioni di quale colore politico siano, di sinistra o di destra.

In che limiti si deve stare?

Unicost si impegna sui temi ordinamentali, tecnico- giuridici, evitando di entrare a gamba tesa su questioni che vedono l’opinione pubblica confrontarsi anche aspramente. Con le sentenze noi dobbiamo dare certezze, nel dibattito pubblico no. Se poi non si condivide una certa norma si rileva la sua contrarietà a valori costituzionali.

Sta tracciando il ritratto del magistrato che si riconosce in Unicost?

Non pretendo tanto, ma noi crediamo in un magistrato professionale che deve apparire terzo e imparziale, che partecipa al dibattito culturale e rivendica strutture e risorse per la giustizia, per una giustizia di qualità. Se mi consente, in quattro flash: rigore morale; meritocrazia; terzietà costituzionale praticata e percepita; tutela della qualità e della dignità della funzione con carichi di lavoro ragionevoli e risorse adeguate.

Insomma in magistratura lo schema destra- sinistra non va bene? Per nulla. Non ci interessa il tifo da stadio, la polemica politica, dobbiamo fornire ai cittadini risposte tempestive e credibili, senza farci tirare per la giacchetta.

Torniamo all’indagine di Perugia che ha travolto il Csm. Palamara ha respinto tutte le accuse.

Io mi auguro che Palamara e tutti i colleghi coinvolti possano dimostrare la loro estraneità, però una riflessione è urgente. Riflessione che non riguarda i singoli colleghi coinvolti. Ma investe tutti i gruppi associativi, nessuno, escluso, per capire cosa non ha funzionato e va cambiato in termini di norme, prassi e regole deontologiche.

E cosa si deve fare?

Far diventare la deontologia non solo vuota enunciazione retorica buona per i convegni, ma costume di tutti noi, come singoli e come gruppi. Pretendere dal Csm interventi di delimitazione della discrezionalità che la legge ancor oggi prevede in materia di nomine dei dirigenti, introducendo verifiche periodiche sui risultati concreti ottenuti al momento della conferma.

Palamara ha parlato di “sistema”, riferendosi ai rapporti con esponenti politici.

L’unico sistema previsto dalla Costituzione è il fisiologico rapporto dentro il Csm con la componente laica che è espressione della politica. La Quinta commissione, competente per le nomine, è una sorta di stanza di compensazione dove consiglieri laici e togati devono impegnarsi per la selezione del dirigente migliore. Al di fuori del Csm entriamo in un campo minato e patologico.

Palamara dice che si è sempre fatto così.

Mi permetto di non essere d’accordo. Io sono stato al Csm e non sono mai stato a cena con politici per parlare di nomine. I miei interlocutori, del Pd o di Forza Italia, sono sempre stati all’interno del Csm e non all’esterno. Il Costituente, ripeto, non ha voluto una magistratura autoreferenziale e proprio per questo ha previsto il confronto con la componente laica.

Comunque sia quella indagine è sparita dei radar.

Bisogna, il prima possibile, avere contezza dei fatti in maniera integrale, in modo tale da comprendere tutti gli aspetti di queste vicende cosi dolorose.

Le uniche notizie le conosciamo dai giornali.

Serve una discovery totale in modo che ciascuno possa prendersi le proprie responsabilità.