Aumentano le proteste contro il decreto legislativo, attualmente in esame alle Camere, che depotenzia il ruolo dei direttori degli istituti penitenziari, innalzando quello dei comandanti della polizia penitenziaria. Oltre alle critiche, come già riportato da Il Dubbio, del presidente dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella e dell’esponente del Partito Radicale e presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, ci sono quelle avanzate dalla conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà tramite il portavoce Stefano Anastasìa.

«Nessuna preclusione al riconoscimento della legittima progressione di carriera dei dirigenti di polizia penitenziaria – dichiara il portavoce dei garanti territoriali -, ma lo schema di decreto legislativo all’attenzione delle Camere prefigura una separazione sempre più netta tra il personale di polizia e il restante personale dell’Amministrazione penitenziaria».

In particolare, sottolinea Anastasìa «ne sarebbero svilite le funzioni dei direttori di garanzia dei limiti e dei fini costituzionali della privazione della libertà in carcere e di coordinamento delle diverse aree operative interne agli istituti». Sempre secondo il portavoce dei garanti «ai direttori sarebbe preclusa la valutazione professionale e disciplinare degli appartenenti al Corpo e sottratta la stessa valutazione di ultima istanza nell’uso delle armi prevista dall’articolo 41 dell’ordinamento penitenziario».

I garanti territoriali quindi fanno appello a Parlamento e governo affinché «lo schema di decreto legislativo sia modificato in questi punti essenziali prima della sua definitiva adozione».

D’altronde sono oltre 100 i direttori dei penitenziari che hanno inviato una lettera al capo del Dap Franco Basentini, denunciando il pericolo della messa a rischio dei «principi di equità e umanità affidati dal legislatore ai vertici degli istituti, sulla base anche di quanto sancito dalla Costituzione». Nel frattempo si aggiunge anche una nota dell’Osservatorio carceri delle Camere penali dove si esprime ferma contrarietà a tale riforma secondo la quale «affidare al Corpo di polizia penitenziaria il potere disciplinare, della valutazione dirigenziale, della partecipazione alle commissioni selettive del personale e ai consigli di disciplina significa far regredire il sistema penitenziario a un'idea del carcere esclusivamente punitiva, annullando la figura del direttore che possa mediare tra le esigenze trattamentali e quelle si sicurezza».

Scendono però in campo anche i sindacati della polizia penitenziaria che difendono il decreto. Ad esempio c’è il Sappe che, per replicare proprio a un articolo de Il Dubbio, ha espresso critiche nei confronti dei direttori penitenziari. «Vogliono soprattutto continuare ad edificare le loro carriere sulle spalle della Polizia penitenziaria – scrive il segretario del Sappe Donato Capece -, agganciandosi però agli istituti normativi della polizia di Stato nelle more dell'adozione del loro primo contratto, senza però richiamare il trattamento giuridico ed economico della Polizia penitenziaria, di cui chiedono di continuare a restare superiori gerarchici».

Per il Sappe è «giunto il momento che i vertici dell’Amministrazione provengano dal Corpo di polizia penitenziaria». Anche il sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria interviene sulle polemiche che stanno imperversando circa la bozza di decreto legislativo. A parlare è il massimo esponente, Gennarino De Fazio, che invita a un approccio sereno ed equilibrato, senza farne una questione ideologica.

«Dallo svincolo dalla dipendenza gerarchica – sostiene De Fazio-, in realtà, deriveranno per ilcComandante solo poche facoltà gestionali, nell’ambito delle direttive impartite dal direttore, e, si badi bene, qualche libertà in più nel rivolgersi ai superiori, alla magistratura, anche di sorveglianza, e all’esterno». L’esponente della Uilpa sostiene che ci sia «maggiore equilibrio, maggiore trasparenza, se si vuole, un aggiustamento del sistema di “pesi e contrappesi”, che oltretutto, attribuendo finalmente responsabilità dirigenziali al primo dirigente, muove verso il perseguimento compiuto dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa».

C’è da aggiungere però, che lo stesso De Fazio – intervenuto durante la trasmissione Radio Carcere di Radio Radicale - boccia la riforma nel suo complesso, perché «è scritta malissimo e segue un percorso arzigogolato e non esattamente compatibile con l’ordinamento penitenziario».