Sul caso Ilva- ArcelorMittal Renzi è irrefrenabile e torrentizio. Onnipresente. Uno e trino. Da 48 ore moltiplica le dichiarazioni di sostegno a quello stesso Giuseppe Conte che di solito tratta come punching- ball. Stavolta è il contrario: Conte ha tutte le ragioni a proclamarsi ' inflessibile' e a pretendere dai franco- indiani ' il rispetto degli accordi'. Allo stesso tempo, però, l'ex premier non solo insiste per il ripristino dello scudo penale, che negli accordi non c'era, ma ha già buttato giù apposito emendamento e chiede alla Lega, come a tutta l'opposizione di votarlo.

Per Conte, oggetto di tanto sincera solidarietà, sarebbe un de profundis ma è un particolare. L'ex premier assicura poi di non stare lavorando alla costruzione di nessuna cordata alternativa. Certo, se Mittal andrà fino in fondo sarà d'uopo passare al secondo arrivato. Cioè alla cordata guidata da Jindal, all'ex premer vicino, con dentro la Cassa depositi e prestiti.

Sempre che sia ancora in campo e pare proprio che così non sia. I tre volti di Matteo Renzi rispondono a tre esigenze diverse ma tutte valide: non apparire prono ai voleri di una multinazionale e soprattutto parare l'accusa di lavorare per indebolire il governo e il premier; accreditarsi sempre di più come il rappresentante degli interessi che in un passato non lontano si affidavano alla Forza Italia dei bei giorni; imporre l'immagine del solo leader italiano capace di darsi da fare per trovare soluzioni alternative concrete.

Con nessuna di queste esigenze, però, la lealtà al governo e al premier ha nulla a che vedere. Solo che anche l'abuso della categoria ' lealtà' in questo caso è probabilmente fuori luogo. Renzi si fa guidare, proprio come gli altri partiti di questa maggioranza, dal calcolo e dall'interesse di partito. Il problema è che l'interesse di Italia Viva confligge con quello degli alleati molto più di quanto gli specifici interessi dell'M5S, del Pd e di LeU non confliggano tra loro. Solo nel suo caso, infatti la logica del ' Mors tua, vita mea' è davvero attagliata.

Eventuali risultati soddisfacenti del governo in termini di consensi sonanti, infatti, andrebbero a tutto vantaggio dei due partiti maggiori che della maggioranza sono i pilastri, certo non della piccola e neonata Italia Viva, che deve oltre tutto scontare la pessima nomea che il suo leader si è fatto negli anni del trionfo. Per Renzi, al contrario, i risultati del governo devono essere modesti, poco soddisfacenti e quanto più possibile attribuibili all'intervento della sua Iv. Anche senza contare l'obbligo di puntare su una massima visibilità per acquistare competitività nella sfida con i partner e quello di affermarsi come portavoce del ceto medio e medio alto. Renzi è dunque quasi costretto a sparare sui provvedimenti del governo che per primo ha voluto e di cui fa parte.

Per ragioni simili, l'ex premier non può evitare di bombardare l'attuale inquilino di palazzo Chigi. Conte è approdato alla politica meno ' per caso' di quanto sembra. Aveva iniziato a bussare al portone del Palazzo quando proprio Renzi ne era l'inquilino più prestigioso. Mancato allora l'obiettivo ha poi rivolto lo sguardo all'M5S, ma senza mai coinvolgersi troppo e specificando di non essere interno al movimento. Bordeggiando tra M5S e Pd, oggi Conte è il solo leader che, in una molto eventuale coalizione di centrosinistra, competerebbe direttamente con Renzi per la rappresentanza di quel ceto medio ' moderato' che arricchiva un tempo i forzieri di Arcore.

O almeno di questo è convinto il ragazzo di Rignano, che proprio per questo è deciso a eliminare l'avvocato del popolo ben prima che si arrivi alle urne. I sostituti possibili sono due, Franceschini e, se disponibile, Mario Draghi. Che contatti e pour parler siano già in corso su entrambe le sponde, nel Palazzo è il segreto di Pulcinella. La contromossa di Zingaretti e dell'M5S era ovvia. Zingaretti e Di Maio hanno avvertito Renzi e sono stati tassativi: se cade Conte si vota, senza se e senza ma. Renzi non ci crede. Sa che una cosa è parlare alla vigilia e tutt'altra decidere a cose fatte: lo si è visto in agosto.

Renzi, si sa, ha l'animo del giocatore d'azzardo. E' la sua forza e la sua debolezza. In questo caso il gioco somiglierebbe però più alla roulette russa che al poker. Anche al netto delle dichiarazioni d'ordinanza, quelle che Renzi scheda come ' bluff', l'esasperazione di Zingaretti è reale, la sua passione per un governo che avrebbe preferito non nascesse è inesistente, la tentazione di votare subito, anche a costo di consegnare il governo alla destra, cresce di giorno in giorno.

Per questo c'è chi comincia a temere che Renzi possa giocare una carta davvero estrema: provocare la crisi, proprio sull'onda del caso Ilva che non è un semplice incidente ma un effettivo disastro, prima del varo della finanziaria. Evitare la formazione di un nuovo governo sarebbe in questo caso davvero impossibile e Zingaretti non potrebbe che piegarsi. Solo che quel nuovo governo si troverebbe subito alle prese proprio con la bomba Ilva. Per questo quell'ipotesi estrema resta improbabile. Però non impossibile.