Il consiglio dell’ordine degli avvocati di Latina si è dimesso quasi in blocco ( 10 consiglieri su 13), in aperta polemica con la presidente del Tribunale pontino, Caterina Chiaravalloti. La decisione è stata presa dopo più di un anno di tensione ed è arrivata insieme alla richiesta «con carattere di estrema urgenza, di una ispezione ministeriale» per verificare la gestione anomala nell’assegnazione degli incarichi giudiziari nei settori fallimentare, delle esecuzioni civili e della volontaria giurisdizione da parte di Chiaravalloti. E di rimuovere «ove accertata, la grave situazione di incompatibilità ambientale». Parole pesanti, quelle contenute nella nota del consiglio, «che ora decadrà, ci sarà il commissariamento e poi verranno indette nuove elezioni», ha spiegato il presidente, Giovanni Lauretti.

La vicenda è iniziata nei primi mesi del 2019 ( Chiaravalloti è stata nominata nel gennaio 2018, prima è stata presidente del Tribunale di Castrovillari), quando il Consiglio ha registrato numerose segnalazioni di avvocati su un «anomalo e crescente ricorso ai professionisti iscritti in albi di altri circondari, soprattutto nelle nomine effettuale, nel settore della volontaria giurisdizione, dalla presidente del Tribunale, sin dal momento del suo insediamento nella funzione», scrive l’Ordine pontino.

Di conseguenza, il Coa aveva chiesto la pubblicazione sul sito istituzionale del tribunale di tutti gli incarichi giudiziari conferiti nel settore civile, «come previsto dalle linee guida in tema di trasparenza dal Csm». La pubblicazione, tuttavia, ha riguardato solo un elenco di professionisti che avevano avuto incarichi, ma senza alcuna indicazione in merito al tipo di incarico nè sul giudice che lo aveva conferito. Davanti ad altre tre analoghe richieste, la risposta di diniego è stata giustificata con la necessità di «tutela della privacy».

Secondo l’Ordine, tuttavia, una gestione anomala nelle nomine degli avvocati da parte della Presidente sarebbe facilmente dimostrabile coi numeri: nel corso del 2019, settore fallimentare, solo 4 incarichi su 47 sono stati assegnati a legali di Latina, mentre i restanti 43 a professionisti romani e calabresi. Nel 2018, invece, tutti e 48 gli incarichi sono stati assegnati ad avvocati pontini, «e le stesse penalizzazioni si registrano nel settore della volontaria giurisdizione e delle esecuzioni immobiliari».

La scelta di nominare avvocati di altri fori, secondo Lauretti, sarebbe «assolutamente immotivata e senza alcuna giustificazione», anche perchè non si tratterebbe di questioni giuridiche di particolare complessità e dunque non reggerebbe nemmeno la eventuale necessità di nominare professionisti più esperti provenienti da fori in cui il contenzioso nel settore è maggiore.

Proprio dalle reiterate richieste di chiarezza sulle nomine, sarebbe cominciato l’atteggiamento di ostilità da parte della presidente Chiaravalloti nei confronti dell’avvocatura: revocati gli inviti alle cerimonie di insediamento dei nuovi giudici, nessuna presenza alla Giornata Europea per la Giustizia Civile. «Eppure la nostra era una legittima domanda per l’accesso a informazioni che, in passato, ci erano state date senza alcun problema», chiarisce Lauretti.

Lo stesso presidente, inoltre, si è sentito attaccato in prima persona: con un provvedimento che lui definisce «irragionevole e ingiustificato» da parte della Camera di Consiglio, è stato revocato l’incarico ai due curatori del fallimento del Latina Calcio, perchè avevano conferito allo stesso Lauretti l’incarico di difensore della curatela ai fini della costituzione di parte civile, nonostante la nomina avesse ottenuto il preventivo nulla osta del giudice delegato.

«Si è trattato di un evidente attacco a me come presidente, perchè si sostiene in modo del tutto infondato che io abbia accettato un incarico incompatibile con la mia carica e che quindi abbia anche commesso una violazione deontologica. Invece, a conferma della mia correttezza, c’è la stessa legge professionale forense e un parere del 2016 del Cnf», ha spiegato Lauretti.

Davanti a questi atteggiamenti e ad una «volontà di ghettizzazione dell’avvocatura pontina», la maggioranza del consiglio ha deciso di presentare le proprie dimissioni: una scelta forte, che punta ad accendere i riflettori sul caso sia a livello ministeriale, che di Csm e di Consiglio giudiziario. Ora il caso passa a Via Arenula, cui ora spetta la decisione di inviare gli ispettori ministeriali.