Hanno votato contro il voto ma c’è l’accordo per votare. Sì, è complicato, ma d’altro canto in Gran Bretagna ai tempi della Brexit tutto è piuttosto inusuale e confuso. Almeno per ora. D opo che il premier Boris Johnson ha raggiunto un nuovo accordo con l’Unione europea per la separazione tra Londra e Bruxelles, e dopo che l’Unione ha accordato al Regno Unito una proroga fino al 31 gennaio 2020, il leader del governo conservatore ha chiesto di andare alle elezioni anticipate, nella speranza di fare chiarezza, vincerle, e nel frattempo liberarsi anche dei parlamentari tories che non sono allineati al suo programma oltranzista proprio sulla Brexit.

Ha quindi proposto al Parlamento – come previsto nell’ordinamento britannico – di ricorrere alle elezioni anticipate, ma gli servivano i due terzi di voti favorevoli e invece Westminster ha bocciato la proposta. Johnson, che ha dimostrato di essere uno che non si tira indietro e che non tiene in grande considerazione le decisioni assunte dal Parlamento, ha deciso di utilizzare alcuni trucchi procedurali per provare ad ottenere lo stesso il ricorso alle urne.

Ma stavolta la strada sembra più agevole, perché il Partito Laburista di Jeremy Corbyn ha improvvisamente cambiato posizione e ha detto sì alle elezioni anticipate, accettando la sfida dell’inquilino di Downing street.

Dopo il rifiuto di lunedì di appoggiare per la terza volta la mozione di scioglimento dei Comuni, i laburisti ieri hanno annunciato ufficialmente l'ok alla convocazione del voto attraverso la revisione legislativa ordinaria proposta. «Io ho costantemente detto che noi eravamo pronti alle elezioni a patto che una Brexit no deal fosse fuori dal tavolo», ha sottolineato il leader laburista.

«Ora noi abbiamo saputo dall'Ue che l'estensione dell'articolo 50 ( sull'uscita del Regno dal club dei 27) è confermata fino al 31 gennaio 2020, per i prossimi tre mesi. E quindi la nostra condizione è soddisfatta». Per questo i laburisti sono disponibili al voto a dicembre, anche se si è prolungata la battaglia sulla data, con il 12 dicembre ( proposto dal governo) come giorno più probabile per il voto, ma non scontato.

In tal senso i laburisti intendono combattere anche su quest’ultima proposta di legge per indire le elezioni, provando a inserire due emendamenti probabilmente condivisi da tutte le opposizioni: uno per ottenere l'anticipo della data al 9 dicembre e uno per allargare la platea elettorale a 16enni e 17enni, un bacino elettorale favorevole ai laburisti e soprattutto contrario alla separazione della Gran Bretagna dall’Unione europea.

Tra l’altro per quanto la Brexit sia non solo il motivo delle elezioni anticipate ma anche il cuore di tutta la vita politica britannica degli ultimi anni, in realtà sarà difficile vedere alle elezioni uno schieramento che chiederà il voto contro la Brexit. Questa infatti è la posizione dei liberali e degli scozzesi, ma non dei laburisti, che da sempre sul tema glissano e sono ambigui. Anche ieri, presentando il loro appoggio alle elezioni anticipate, Corbyn ha puntato su altri temi per la ormai imminente campagna elettorale che si annuncia come una vera e propria battaglia senza esclusione di colpi: «Noi intendiamo lanciare adesso la più ambiziosa e radicale campagna di cambiamento del Paese che si sia mai vista», ha detto, «questa è la chance di una generazione per costruire un Paese per i molti, non per i pochi. È tempo di farlo».

Nonostante i sondaggi diano in testa i tories di Johnson il leader laburista è convinto che di potercela fare, che gli elettori siano già stanchi di questo premier maldestro e ingombrante. Intanto ieri sera il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk ha pubblicato un messaggio assai sibillino rivolto a Londra sul suo account Twitter: «Ai miei amici britannici: l’Ue a 27 ha formalmente adottato l’estensione della Brexit. Potrebbe essere l’ultima. Per favore questa volta usatela al meglio. Voglio anche dirvi addio perchè la mia missione qui sta per finire. Terrò le dita incrociate per voi».