«L’equo compenso è un punto di partenza. Io sarei per ripristinare le tariffe», dice Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva che coordina il tavolo con gli Ordini.

Chi potrebbe incarnare meglio lo slancio liberale verso l’apertura incondizionata del mercato, se non l’Italia Viva di Renzi? «La sorprenderò: so che alcuni, anche nel mio gruppo, sono rivolti verso un simile orizzonte, ma io non la penso così. Penso invece che le lenzuolate di Bersani siano state null’altro che un’illusione: dovevano favorire i giovani, hanno creato solo sfruttamento».

Silvia Fregolent, deputato torinese che ha aderito «convintamente» alla nuova formazione, è una renziana atipica, verrebbe da dire. Solo che lei stessa provvede a smentire il giudizio con una successiva considerazione: «Teresa Bellanova è per noi un punto di riferimento, non ha potuto studiare ma rivendica come un traguardo essenziale della sua vita la possibilità che ha invece offerto a suo figlio. Ecco, i bandi a zero euro sono una vergogna perché invece disprezzano il valore di quei sacrifici, di quell’investimento nella formazione». E visto che Bellanova è uno dei due ministri di Italia viva, va concluso che no, l’onorevole Fregolent non rappresenta una minoranza interna al nuovo partito.

Quindi l’equo compenso ai professionisti non le suona come un oltraggio alla religione liberista.

Spesso ci si innamora delle teorie. Non le si cala nelle categorie reali. In effetti l’eliminazione delle tariffe fu presentata come la rivoluzione delle opportunità, innanzitutto per i giovani. Oggi è lo strumento attraverso cui le donne sono pagate il 40 per cento in meno dei loro colleghi uomini. Abbiamo impoverito intere categorie professionali, svilito il loro lavoro. Ecco a cosa sono servire le lenzuolate.

Adesso, 12 anni dopo, in molti tendono verso il suo giudizio.

Ai grandi studi non hai tolto nulla. Le loro parcelle megagalattiche sono garantite da una clientela di altissimo rango. A subire le conseguenze sono proprio quei giovani per i quali liberalizzazione vuol dire sfruttamento. Anche se lavoro in azienda e non esercito, sono un’avvocata e con i miei colleghi ci parlo: i loro clienti pagano gli onorari a rate da 50 euro ognuna, quando non provano a cavarsela con barattoli di marmellata. Da dove credete che venga l’impoverimento della classe media?

Vogliamo parlare di quanto siano costretti a immiserirsi i professionisti che si trovano a essere genitori separati? Forse è il caso di restituire almeno la dignità, a queste persone.

Quindi si arriverà senza problemi a una legge rafforzativa dell’equo compenso?

Io sarei per compiere un passo ulteriore: ripristinare le tariffe. Ma consideriamo l’equo compenso un punto di partenza.

Mai più bandi a zero euro come quello del Mef di inizio 2019?

Una vergogna. L’ho detto a marzo, dai banchi dell’opposizione, non mi rimangio certo le critiche ora che sono al governo. È gravissimo soprattutto il messaggio sotteso a quel bando.

E qual è il messaggio?

Che la formazione non serve a nulla, che studiare è inutile. E come se si dicesse che quell’istruzione per i quali i nostri padri si sono sacrificati sarebbe meglio non averla affatto, visto che se ce l’hai il corrispettivo è zero euro.

Vanno previste poste nella legge di Bilancio per dare copertura al riconoscimento, da parte della Pa, dell’equo compenso per gli incarichi professionali esterni?

Vede, a tutt’oggi passa per essere un sindaco avveduto quello che si vanta di aver sottopagato i professionisti esterni. Io sono per la trasparenza e per una diversa visione generale, diciamo, in base alla quale la competenza dei tecnici serve e va pagata. Ne discende che invece sindaci e governatori devono essere chiari: devono dire agli elettori che spenderanno somme per gli incarichi professionali. Ne discende anche che, almeno in prospettiva, sarà meglio mettere a bilancio fondi per l’equo compenso.

Già in questa Manovra?

Non sarà semplice arrivarci già con questa legge di Bilancio. Tra poche ore comunque si voterà in aula per mozioni che non entrano così nello specifico ma guardano in quella direzione. Vediamo cosa ne viene fuori. Mi faccia aggiungere che tale impegno trova a mio giudizio già una felice corrispondenza nel rigore con cui gli Ordini professionali guardano al loro interno.

A cosa si riferisce?

A quanto emerso dal tavolo con le professioni che ho coordinato alla Leopolda, e al quale è intervenuto anche il presidente del Cnf Mascherin. Propositi quali, nel caso degli avvocati, la rimodulazione dei corsi universitari in funzione della giustizia predittiva, del modello di avvocato 4.0, per esempio, mi sembrano giustissimi.

Sosterrà la proposta dell’avvocato in Costituzione?

Mi riprometto di approfondire il testo incardinato al Senato. Ma le dico subito che se richiamare in Costituzione quel protagonista del processo qual è il difensore si traduce anche in un veicolo educativo rispetto a temi come la carcerazione preventiva, credo che la riforma sia da considerarsi assai interessante.

A proposito di carcere: su quello per gli evasori discuterete in condizioni diverse, dopo il voto umbro?

Noi di Italia viva siamo stati accusati anche prima, a dire il vero, di discutere fin troppo. Ridurre la lotta contro l’evasione al carcere è assurdo e semplificativo. Abbiamo già a disposizione banche dati ricchissime che consentono di incrociare una marea di elementi. Puntiamoci, e puntiamo sulla semplificazione, sui modelli precompilati. Proposte come il daspo o le manette facili sono inaccettabili. A chi parla di modello americano vorrei ricordare: carcere e flat tax lì corrispondono anche a una sanità che è privata, a minori servizi. Se si vuole mutuare quel modello bisognerebbe farlo fino alle estreme conseguenze. E non so fino a che punto a noi italiani convenga.