Stanno tornando i peronisti; a quattro anni dall’elezione di Mauricio Macrì gli argentini sembrano infatti voler dimenticare il più in fretta possibile uno dei presidenti meno popolari della loro storia recente che ha fatto nuovamente sprofondare il paese sul baratro della crisi economica e con ogni probabilità ridaranno fiducia al blocco di sinistra.

Quasi 34 milioni di elettori sono attesi alle urne per scegliere presidente e vicepresidente, un terzo dei senatori e la metà dei deputati. Il confronto per la Casa Rosada è incentrato proprio sul duello tra il presidente uscente Macri - candidato con la destra di Juntos per el Cambio con il suo vice Miguel Angel Pichetto - e il rivale peronista di sinistra Alberto Fernandez del Frente de Todos, con la sua vice, l’ex presidente Cristina Fernandez de Kirchner.

A fare da sfondo a un voto difficile, la crisi economica, lo spread in salita, l’aumento dell’inflazione al 57,3%, la povertà dilagante, la disoccupazione alle stelle e l’aumento della criminalità. La cura “lacrime e sangue” imposta da Macrì all’economia argentina in concertazione con il Fondo monetario internazionale ha impoverito la società senza rilanciare gli investimenti un copione già visto e già malamente digerito. Il suo motto era quello di «riportare l’ Argentina nel mondo», ma il suo primo mandato si chiude con un drammatico peggioramento di tutti gli indicatori macro- economici.

Gli ultimi sondaggi attribuiscono a Fernandez un vantaggio di 20 punti, ovvero il 52% delle intenzioni di voto contro il 32% di Macrì. Se le urne dovessero confermare i sondaggi, Fernàndez verrà eletto già dal primo turno in quanto la legge elettorale assegna la vittoria al candidato che supera il 45% dei consensi oppure che ottiene più del 40% con 10 punti di vantaggio sul secondo. In caso contrario si andrà al ballottaggio, previsto per il 24 novembre, ma Macrì dovrebbe recuperare 10 punti in poche ore.

Il suo rivale Fernandez - 60 anni, avvocato, docente in materie giuridiche, in politica da sempre - presenta un programma improntato sul sociale, che prevede, tra l’altro, unpiano ad hoc contro la povertà e la rinegoziazione del debito a partire dal maxi prestito di oltre 56 miliardi di dollari ottenuto dal Fmi nei mesi scorsi.

Capo di gabinetto dell’ex presidente Nèstor Kirchner dal 2003 al 2007, ha poi assunto un atteggiamento critico nei confronti dell’amministrazione di Cristina Fernàndez e delle scelte politiche ed economiche del kirchnerismo. Nel 2018 Fernandez è però ritornato a quella piattaforma politica, designato candidato alla Casa Rosada. Il leader del Frente de Todos non gode del favore del mondo economico e finanziario, sia interno che internazionale, che teme un ritorno a politiche “socialiste” di aumento della spesa pubblica e di misure per il welfare.

Il terzo candidato in lizza si chiama Roberto Lavagna, 77 anni, candidato di Consenso Federale, che si pone come alternativa al dualismo tra macrismo e peronismo ed è dato attorno al 6- 7%, mentre l’aspirante più giovane e più a sinistra è Nicolas del Cano, del Frente de izquierda accreditato di un 3%. Oltre a loro c’è l’ex militare di Frent Nos, Jose Gomez, noto per le sue posizioni conservatrici su temi quali patria, famiglia e l’avversione all’aborto. Il sesto candidato è Jose Luis Espert di Unite Frente Despertar, alla sua prima esperienza politica attiva, ma rischiano di ottenere percentuali da prefisso telefonico.