'Sorvegliare e punire'. Sarebbe ingeneroso affermare che la peraltro scarna attività di governo in queste prime settimane si è limitata a questo. Il testo rivisto dalla nuova maggioranza del dl Salva imprese, approvato ieri al Senato, contiene norme incisive a favore dei diritti dei Riders e nella stessa manovra di figura il taglio, pur se modesto, del cuneo fiscale a favore dei lavoratori.

Però, con tutta la buona volontà, non sono quei 40 euro in più nelle buste paga più basse a connotare questo governo agli occhi dell'opinione pubblica e degli elettori. L'aspetto vistoso della manovra riguarda solo i controlli sull'evasione fiscale, gli obblighi decisi per contrastarla, le ' punizioni esemplari' per i trasgressori, i ' grandi evasori'. E che si tratti anche, se non soprattutto, di ' punizioni esemplari' lo ha detto chiaramente Marco Travaglio, che è per i 5S una sorta di ideologo principe, affermando in tv che ' far vedere' gli evasori in manette serve a spaventare e quindi a dissuadere.

Che le forze politiche, soprattutto nella seconda Repubblica, schierino puntualmente in campo il cavallo di battaglia che ritengono gli frutti più consensi non è una novità. I tempi in cui i partiti modulavano la loro propaganda per rivolgersi a fasce di interesse diverse e le modificavano nel tempo a seconda dei cambiamenti che intervenivano nella realtà sono lontani. Quelli delle ideologie forti, che non necessitavano quindi di propaganda, sono tanto sideralmente distanti da somigliare a favole. Quando la politica diventa solo mercato pubblicitario, non si possono sprecare energie parcellizzando e segmentando il messaggio. Il brand principale deve essere unico, forte, ripetuto all'infinito. Lo insegnava, pur con termini diversi, il dottor Goebbels nei suoi 11 punti che ancora oggi riassumono perfettamente le strategie comunicative in politica.

Per Silvio Berlusconi quel cavallo di battaglia erano le tasse. Il cavaliere martellava campagna elettorale dopo campagna elettorale e i risultati lo hanno sempre premiato. La forza dell'M5S, le radici di un'ascesa all'inizio inimmaginabile, affonda le radici nella capacità di individuare un nemico preciso e di indicarlo a un'opinione pubblica che covava già il medesimo risentimento: i politici, indicati come fonte perversa di ogni male. L'odiata ' Casta'. Quando, nel 2013, Matteo Salvini si ritrovò alla guida di un partito esanime e che sembrava condannato senza possibilità di appello, scoprì la formula magica della salvezza in una campagna permanente contro l'immigrazione. I ' clandestini', gli ' africani' andavano sostituendo i politici nella lista nera dell'opinione pubblica. Come i politici erano sempre in odore di corruzione, di ' inciucismo', di attaccamento alla poltrona, di perseguimento dell'interesse personale, così dietro ogni immigrato si nascondeva il ladro, lo stupratore, o più semplicemente il ladro di posti di lavoro. Il mix tra l'anti- immigrazionismo di Salvini e la crociata anticasta dei 5S hanno decretato per oltre un anno il trionfo del governo gialloverde in termini di consenso.

Questa maggioranza e questo governo non sembrano avere altra bandiera, per raggranellare consenso, che quella della sanzione e della punizione severa. E' almeno per ora la sola bandiera che è stata realmente sventolata ed è lecito il sospetto che proprio una visione fortemente giustizialista si riveli il principale tratto comune fra le forze disomogenee che compongono la maggioranza.

E' una scommessa rischiosa, anche sul piano della pura e quindi cinica propaganda. Le campagne dei 5S e della Lega ( ma anche di Renzi con la sua disgraziata crociata contro il Senato e contro ' i rottami') prendevano di mira ' nemici' che il grosso del corpo elettorale poteva vedere come altro da sé. In questo caso invece, sia con la crociata antievasione che con la riforma della prescrizione sulla quale puntano i piedi i ministri 5S, nel mirino potrebbero finire proprio molti di quegli elettori. Quanto apprezzeranno lo si scoprirà solo nelle urne.