Nicolò Zanon, in apertura dell’udienza pubblica di ieri della Corte costituzionale, nella sua relazione ha evidenziato che il caso dell’ergastolano Sebastiano Cannizzaro non è sovrapponibile al cento per cento a quello di Pietro Pavone.

L’equivoco nasce dal fatto che l’ordinanza di remissione della Cassazione, con la quale è stato sollevata l’incostituzionalità della parte del 4 bis che introduce una presunzione di carattere assoluto e determina una esclusione – irrimediabile – dall’accesso al permesso premio se il detenuto sceglie di non collaborare, riguarda solo il detenuto condannato all’ergastolo ostativo per delitti commessi al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dall’art. 416 bis.

Mentre per il caso Pavone, sollevato dalla magistratura di sorveglianza di Perugia, l’incostituzionalità del 4 bis è estesa sia per la condanna come partecipe all’associazione mafiosa sia per omicidio aggravato dal metodo mafioso. In realtà la decisione della Corte cambierà poco. Se da un lato potrebbe giudicare non rilevante il caso Cannizzaro, dovrà comunque esprimersi sul caso Pavone che mette in discussione il principio del 4 bis che ha introdotto la mancata concessione dei benefici in assenza della collaborazione.

Dopo la relazione, Zanon ha dato la parola – per verificarne l’ammissibilità - agli amicus curiae, le parti terze che offrono un aiuto alla Consulta per decidere. Per il caso Pavone ha parlato l’avvocata Emilia Rossi, per l’autorità del Garante nazionale delle persone private della libertà, e l’avvocato Vittorio Manes per l’Unione Camere penali italiane.

Per il caso Cannizzaro è intervenuto l’avvocato Andrea Saccucci per Nessuno Tocchi Caino e l’avvocato Ladisalao Massari per l’ergastolano ostativo Marcello Dell’Anna. L’avvocatura dello Stato ha chiesto l’inammissibilità, che è stata dichiarata dalla Corte per tutti gli amicus curiae. Gli avvocati dei due ergastolani ostativi, Vianello Accorretti per il caso Cannizzaro e Michele Passione e Mirna Raschi per il caso Pavone, hanno evidenziato l’illegittimità del 4 bis.

In una nota il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma ha annunciato che attende con fiducia la decisione della Consulta e in ogni caso mantiene il proprio impegno a intervenire nelle sedi legislative per contribuire a che l’esecuzione della pena sia congruente con quei criteri di umanità dettati dalla nostra Costituzione e riaffermati recentemente dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Emilia Rossi, che ha rappresentato come legale il Garante nazionale, ha aggiunto: «Nel rispetto della decisione della Corte Costituzionale, che non ha ammesso l’intervento del Garante nazionale, convinto dell’interesse immanente alle questioni che riguardano i parametri costituzionali dell’esecuzione della pena, il Garante nazionale valuterà di tornare a proporre la propria partecipazione in altri giudizi, nell’ottica del dialogo fra le istituzioni dello Stato che informa per legge il proprio mandato e operato».