Violenza sessuale di gruppo, omicidio volontario, oltre alla cessione e alla somministrazione di droga a minori, i reati contestati dalla procura di Roma a quattro cittadini africani per la morte di Desiree Mariottini, la sedicenne di Cisterna di Latina trovata senza vita all’alba del 19 ottobre 2018 in un casolare abbandonato del quartiere San Lorenzo di Roma.

Il gup Clementina Forleo ha rinviato a giudizio il nigeriano Alinno Chima, il senegalese Mamadou Gara, detto Paco, il ghanese Yusef Salia, e l’altro senegalese, Brian Minthe. Secondo l’aggiunto Maria Monteleone e il pm Stefano Pizza, i quattro avrebbero abusato a turno della ragazza dopo averle fatto assumere un mix di droghe che ne hanno provocato la morte. Ad incastrarli ci sarebbero anche tracce dei Dna trovate dagli investigatori sul corpo della ragazza. Per questa vicenda, Comune di Roma, Regione Lazio e le associazioni “Insieme con Marianna” e ’ Dont’t worry- Noi possiamo Onlus’ si sono costituite parti civili.

Secondo i pm i quattro erano ben consci delle conseguenze potenzialmente letali per la ragazza quando la indussero ad assumere, anche contro la sua volontà, il complesso di droghe e farmaci con cui la ridussero a uno stato di incoscienza per poi abusarne. Gli stessi scelsero e anzi impedirono di chiamare i soccorsi in modo tempestivo. Il processo avrà inizio il 4 dicembre prossimo davanti alla terza corte d’assise di Roma.

È stata un’inchiesta rapida ( meno di un anno), benché segnata da tanti colpi di scena, quella della procura di Roma sulla morte di Desiree Mariottini. È in via di conclusione anche il procedimento riguardante le posizioni di altre tre persone, cui è stato attribuito il ruolo di pusher: due hanno chiesto e ottenuto il patteggiamento con il consenso della procura, un terzo dovrà fare i conti con una richiesta di rinvio a giudizio.

La nonna materna di Desirée, dopo aver appreso la notizia del riunvio a giudizio ha detto: «Il nostro dolore non si potrà mai calmare. Nessuna sentenza ci restituirà mai la nostra Desirée».