«Ti dovrei ammazzare invece devo tutelarti», sarebbe una delle frasi che gli agenti arrestati con l’accusa di tortura e indagati dalla Procura di Torino rivolgevano ai detenuti. Le minacce si concretizzavano in perquisizioni definite dagli inquirenti «arbitrarie e vessatorie», devastazioni delle celle e vere e proprie spedizioni punitive con i detenuti che venivano presi a schiaffi, pugni, calci.

«Ti renderemo la vita molto dura», la frase che si è sentito rivolgere uno dei detenuti prima di essere percosso. In un'altra occasione uno dei detenuti a Torino, in attesa di un Tso, sarebbe stato chiuso in uno stanzino e malmenato. E mentre lui urlava per il dolore gli agenti «ridevano». Parliamo dei sei agenti di polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno del capoluogo piemontese, che sono stati arrestati con l’accusa del reato di tortura ai danni di alcuni detenuti. È scattata da una segnalazione di Monica Gallo, la Garante delle persone private della libertà personale del comune di Torino, l’indagine che ha portato agli arresti degli agenti, ora ai domiciliari.

Sono stati accertati gravi episodi di violenza commessi all'interno del carcere di Torino nel periodo compreso tra l'aprile del 2017 e il novembre del 2018. Il provvedimento, infatti, riguarda «plurimi e gravi episodi di violenza» commessi da agenti penitenziari ai danni di detenuti. Il reato contestato è quello di tortura, previsto dall'articolo 613 bis del Codice penale.

La Garante delle persone private della libertà personale del comune di Torino era venuta a conoscenza di uno degli episodi durante un colloquio con alcuni detenuti. «L'attività, che riguarda non solo le persone oggi sottoposte a misura cautelare, ma anche altri soggetti indagati a piede libero – si legge nella nota della Procura – è ancora in corso ed è volta tanto ad accertare eventuali responsabilità penali di altri soggetti, quanto a verificare se ci siano stati altri episodi analoghi, oltre a quelli finora denunciati. L'applicazione delle misure cautelari si è dunque resa necessaria per evitare, in questa delicata fase, il pericolo di inquinamento probatorio».

L'ordinanza del gip del tribunale di Torino è stata eseguita ieri mattina dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria. A svolgere le indagini è stato lo stesso ispettorato del Corpo. Il fascicolo è stato gestito dai pm Paolo Borgna, Enrica Gabetta e Francesco Pelosi. Dall'inchiesta è emerso che gli episodi riguardavano il padiglione C, dove alla sera un gruppo di agenti si dedicava alle vessazioni, e da alcuni mesi con l'entrata in servizio di un nuovo operatore, erano diventati ' ricorrenti'.

Sui fatti interviene Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, il quale ricorda che precedentemente erano emersi i casi di San Gimignano e Monza, sempre accuse per il reato di tortura. Stigmatizzando il clima sempre più peggiorato grazie anche al linguaggio esacerbato che arriva dall’alto, Gonnella ha sottolineato che «in casi come questi è importante che arrivino dunque segnali forti dall'interno dell'Amministrazione, anche allo scopo di distinguere una piccola minoranza di persone che usano la violenza dalla grande maggioranza di operatori che si muovono nel solco della legalità».

Sulla vicenda è intervenuto anche il leader della Lega Matteo Salvini: «Io non so se sia scattata una qualche epidemia nei tribunali che si fidano della parola di uno spacciatore piuttosto che di uomini in divisa. Uno Stato civile punisce gli errori ma che la parola di un detenuto valga gli arresti di un poliziotto mi fa girare le palle terribilmente. Quindi la mia massima solidarietà a quei sei padri di famiglia».