Salvo sorprese, oggi verrà approvata una drastica riduzione del numero dei deputati ( da 630 a 400) e dei senatori ( da 315 a 200). Nel merito, non è una riforma epocale: né particolarmente cattiva, né particolarmente buona. Seicento parlamentari non sono di per sé peggio o meglio Meno parlamentari: ma la lotta alla Casta è altro. E ora serve una riforma organica

Dipende da cosa rappresentano, e in che modo; dipende da come sono organizzati; dipende in definitiva dalla qualità delle istituzioni.

Sbagliato è stato invece il metodo con cui si è arrivati a questa riforma. Sbandierando in modo populista e arrogante l’argomento della lotta alla Casta. Facendo leva su di un presunto risparmio di 100 milioni di euro l’anno ( su quasi 800 miliardi di spesa pubblica!). Senza ragionare sulle conseguenze. Senza porsi il problema dei correttivi alla forma di governo, delle modifiche ai regolamenti parlamentari, dei necessari adeguamenti delle leggi elettorali delle due Camere.

La politica, si sa, è anche immagine ( talvolta solo immagine). Per un Movimento Cinque Stelle, già sufficientemente turbato dal cambiamento in corsa di maggioranza, era impossibile rinunziare ad una battaglia di bandiera. Per un Pd sempre più alla ricerca di una identità, era difficile subordinare la partenza del nuovo governo ad una questione che da un punto di vista elettorale avrebbe reso pochissimo. E, a livello internazionale, europeo, delle istituzioni economiche, la spinta ad una maggioranza senza Salvini era diventata troppo forte. Così è difficile pensare che l’approvazione parlamentare della riduzione dei parlamentari non avvenga, pur se tra qualche mal di pancia. Poi dovranno passare i tre mesi necessari per la eventuale richiesta di referendum per poter andare alla promulgazione e alla entrata in vigore della legge costituzionale ( il ché non significherà immediato scioglimento delle Camere).

Occorrerà, però, rimettere in ordine e dare congruenza a molte cose, operando a livello di legge costituzionale, di legge ordinaria, di regolamenti parlamentari. E se ne dovranno fare carico le forze politiche che credono nella tenuta e nella necessaria salvaguardia della democrazia rappresentativa e parlamentare, di fronte a confuse istanze di democrazia diretta e di richiesta di pieni poteri ( le due cose non sono incompatibili e aver spezzato il collegamento tra due le forze portatrici di queste pulsioni è uno dei meriti, insieme al rinnovato europeismo, di questa nuova maggioranza).

Le opzioni possibili sono tante e tutte squadernate da decenni di dibattiti costituzionali. Consapevole che le riforme sono frutto della mediazione politica e che nell’Italia di oggi nessuno è in grado di scrivere la migliore riforma possibile e farla approvare, provo a segnalare un possibile modello, pur diverso da quelli anticipati rispetto ad un possibile accordo di maggioranza, riservandomi di entrare maggiormente nel dettaglio. E, allora, oltre all’omogeneizzazione dell’elettorato attivo e passivo di Camera e Senato, attribuzione della fiducia alla sola Camera dei deputati, con previsione della sfiducia costruttiva ( riforma di rango costituzionale), con legge elettorale proporzionale con forte sbarramento.

Accentuazione del carattere di rappresentanza regionale del Senato, con generalizzato potere di rilettura delle leggi, con necessaria riapprovazione definitiva da parte della Camera e specializzazione dei poteri di inchiesta in materia regionale; legge elettorale maggioritaria secondo un criterio di rappresentanza proporzionale regressiva delle diverse Regioni.

Insomma, per far funzionare la riduzione del numero dei parlamentari, occorre mettere mano ad una “riforma organica”. E fa piacere sentire che questa richiesta provenga anche da parte di chi si oppose, più o meno apertamente, al tentativo, appunto, di “riforma organica” portato avanti dal governo Renzi.