Sciopero della fame a sostegno della battaglia per l’ambiente anche in carcere. A farlo è stata una delegazione di detenuti della Casa circondariale di Pisa, che tramite il garante Alberto Marchesi, ha reso nota l’iniziativa. «Intendiamo sostenere, con la nostra solidarietà, la manifestazione degli studenti in favore della salvaguardia del clima del nostro pianeta, attraverso lo sciopero della fame avvenuto il giorno 27 settembre. La nostra azione pacifica ci rende partecipi di questa importante battaglia civile - si legge in una nota - e se fosse possibile far uscire la nostra iniziativa attraversi i mezzi di stampa ed i media ciò avrebbe un impatto positivo, attirando l’attenzione sul gravissimo problema del cambiamento climatico in atto». All’iniziativa hanno partecipato 87 persone ristrette nel reparto penale e lo sciopero della fame si è protratto per l’intero arco della giornata, pranzo e cena inclusi. È stata un’idea nata in maniera spontanea a seguito del clamore mediatico che l’evento in questione ha suscitato, al quale le persone detenute hanno inteso aderire con l’unica forma di partecipazione che la loro personale condizione ha consentito. Un’iniziativa nei confronti della quale Marchesi ha espresso «il senso del più vivo apprezzamento». La rinuncia al cibo per sostenere un ideale da parte chi è privato della libertà personale e si trova quindi in condizione di particolare vulnerabilità e di disagio, ha sottolineato il garante, «rappresenta una delle più alte testimonianze di partecipazione attiva e di adesione a tematiche di straordinario interesse per tutta la collettività. Il segnale lanciato dall’interno di un istituto di pena, non senza sacrificio, ha un significato di grandissimo spessore morale ed etico». Un messaggio di speranza, «che si unisce a quello indirizzato in tutto il mondo dalle giovani generazioni, affinché siano realizzate politiche di sviluppo e di progresso che rispettino, oltre alla dignità delle popolazioni, anche l’ambiente in cui viviamo, che è patrimonio di tutti gli esseri umani. La scelta di perseguire politiche di sviluppo sostenibili impone dei sacrifici che le persone che vivono nella Casa circondariale di Pisa non hanno esitato a fare, adoperandosi in maniera spontanea alla condivisione dei temi che hanno ispirato, a Pisa come altrove, movimenti di protesta e di sensibilizzazione collettiva.

Questo esempio merita di essere conosciuto, incoraggiato ed apprezzato nello stesso modo in cui tutti devono essere informati sulle condizioni della vita penitenziaria, della quale molto si parla ma poco si sa - ha proseguito - Il diritto ad un’esistenza dignitosa deve rappresentare un patrimonio di tutti gli esseri umani, purtroppo non sempre assicurato soprattutto negli istituti di pena, dove anche la più piccola rinuncia aggiunge ulteriore sofferenza ai molti sacrifici, di per sé inevitabili in ragione delle condizioni detentive. Al carcere di Pisa si è rinunciato al cibo in silenzio, senza clamore ma con sofferenza, solo per sostenere un modello di società più equo e solidale, nel quale non ci sia alcuna differenza tra gli ultimi ed i privilegiati per censo, cultura, razza o condizioni personali La diffusione pubblica di questa straordinaria esperienza - ha concluso - aiuta a far comprendere che all’interno di quelle mura, che rappresentano un quartiere della nostra città, di certo poco conosciuto ma non per questo secondario, vivono persone che intendono contribuire, con entusiasmo e trasporto, al dibattito pubblico inerente a temi di globale importanza».