Nel carcere di Tolmezzo, che dovrebbe essere sulla carta anche una “casa lavoro”, ma dove il lavoro non c’è, gli internati sottoposti al 41 bis, per esigenze di sicurezza, possono subire tutte le limitazioni riscontrate. Questa è stata, in sintesi, la risposta del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria alle osservazioni formulate dall’autorità del Garante nazionale delle persone private della libertà.

Il Dap si rifà innanzitutto al mancato accoglimento dei ricorsi presentati da alcuni internati: il tribunale di sorveglianza aveva osservato che non vi è alcuna violazione del principio di uguaglianza nel sottoporre al 41 bis anche gli internati. In sostanza, per la magistratura di sorveglianza, è indifferente che al 41 bis siano sottoposti anche coloro che hanno finito di scontare la pena. Ricordiamo che l’internato non è un detenuto, ma è colui che ha finito di scontare la pena, però per motivi di sicurezza non viene rimesso in libertà. Il fatto che c’è comunque un periodico riesame della libertà, ciò comporterebbe la garanzia che rende costituzionalmente compatibile l’intero sistema delle misure di sicurezza.

Questa è la risposta del Dap all’osservazione del Garante sul fatto «che per le persone internate, pur sottoposte a tale regime, siano individuate sistemazioni idonee e confacenti alla misura e non semplicemente parti delle complessive aree che ospitano le persone detenute sottoposte a tale regime».

Ma sullo sviluppo in negativo della situazione all’interno dell’Istituto, con una Casa di lavoro che non è in grado di garantire né il lavoro, né una prospettiva di reinserimento, tipo la negazione di alcuni benefici? Il Dap risponde all’autorità del Garante nazionale che «la rieducazione di soggetti legati alla criminalità organizzata, resisi responsabili di gravissimi delitti contro l’incolumità pubblica, le persone e la società, non può limitarsi allo svolgimento di mera attività lavorativa, come qualsiasi detenuto per reati comuni, ma deve passare attraverso un concreto mutamento di mentalità che presupponga, innanzitutto, la rescissione dei legami con la criminalità organizzata e la rinnegazione esplicita degli ideali devianti su cui era fondata la vita pregressa».

Il Dap poi sottolinea l’elemento di valutazione della cessata pericolosità, ovvero la «collaborazione con l’autorità giudiziaria». Quindi, in sostanza, l’opera trattamentale attraverso il lavoro non viene considerato un elemento fondamentale per valutare la proroga o meno degli internati al 41 bis.

A tal proposito interviene l’avvocato Michele Capano e membro del consiglio generale del Partito Radicale, Il quale assiste alcuni internati al 41 bis del carcere di Tolmezzo. «Quanto detto – spiega Capano -, contraddice ciò che da tempo è stato segnalato dalla Cassazione, ovvero che ' la mancanza di una scelta di tal genere - che come quella confessoria resta nella libera determinazione del soggetto - non può essere ritenuta dirimente al fine di escludere il cambiamento della condotta di vita del proposto ed affermare l'attualità della pericolosità qualificata”». Sempre il membro del Partito Radicale, aggiunge che «se, anche dopo avere scontato la pena, si ritiene che l'internamento in misura di sicurezza al 41 bis possa venire meno soltanto con la collaborazione, è chiaro che questo internamento rappresenta una vera e propria “tortura” finalizzata ad ottenere la collaborazione, e durerà fino a quando la collaborazione non interverrà». Poi sottolinea evocando ciò è stato segnalato da Il Dubbio, a proposito del suo assistito internato a Tolmezzo che denunciò alla magistratura di sorveglianza di aver ricevuto la proposta di una somma di denaro nel caso avesse indicato il nascondiglio deil boss Matteo Messina Denaro: «Questo è confermato dal fatto che gli internati ricevono regolarmente ' visite investigative' finalizzate ad ottenere informazioni e collaborazione. E possono continuare a riceverle in quanto restano in condizione di internamento».

Sempre a proposito della risposta del Dap alle osservazioni del Garante nazionale relative alle criticità emerse al carcere di Tolmezzo, si giustifica anche la presenza della schermatura della finestra ( la cosiddetta “gelosia” ) della stanza dell’area riservata al 41 bis. Secondo il Garante contrasta con l’articolo 6 del regolamento carcerario. Secondo il Dap, invece è conforme alla direttiva dipartimentale del 17 settembre del 2015.