C’erano due fratelli in un villaggio africano, la povertà era grande ed entrambi volevano emigrare in Europa.

Il primo chiese aiuto a tutto il villaggio, la sua famiglia si indebitò, lui spese metà dei soldi per un “passaggio” su un camion e cercò di attraversare il deserto. Per strada gli rubarono il resto, vide gente morire, arrivato in Libia fu spogliato di tutto, pestato, messo mesi a lavorare come uno schiavo poi tentò la traversata dopo mesi di fatiche inumane.

Molti suoi compagni di sventura morirono. Alla fine arrivò in Italia e si ritrovò in un campo di smistamento dove dovette raccontare storie per non essere respinto.

La sua versione dei fatti era falsa nella forma, ma vera nella sostanza: a casa nessuno lo minacciava come ha dovuto raccontare ma lui voleva e doveva scappare dalla miseria e tentare la sua sorte.

Espulso ( ma per finta) e comunque fece ricorso. Espulso di nuovo, nuovo ricorso: da tre anni è in un limbo senza sapere ancora bene cosa gli succederà. E’ disperato e sa che l’unica strada per vivere sembra stare ai margini della delinquenza: lui non vorrebbe infrangere la legge, ma come campare, dove andare, cosa fare a parte qualche lavoro a giornata per pochi euro?

L’altro fratello decise invece di fare un’altra strada e raggiunse la capitale del suo Paese: aveva qualche indirizzo di amici già arrivati in Europa e cominciò a preparare carte, a fare le fila, a chiedere visti: teoricamente avrebbe avuto quasi tutto a posto, aveva buona volontà e un titolo di studio. Al villaggio avrebbero fatto una colletta anche a lui per pagargli una “polizza di assicurazione sanitaria di garanzia” ( infinitamente meno cara di un viaggio da pagare alla mafia), ma dove farla? Era disposto a lavorare sodo pur di farsi una nuova vita e aveva messo da parte anche i soldi per il volo. Gli hanno respinto la domanda ( però “potrà fare ricorso entro 60 giorni al TAR di competenza...”).

Eppure lui sarebbe stato disposto a prepararsi per qualche mese, studiare la lingua, darsi da fare… Ma gli hanno detto di no. A suo cugino dirà di tentare la strada dell’altro fratello perché con il nuovo governo gli arrivi nei porti italiani questo mese sono ormai raddoppiati, i telefonini hanno già comunicato che si è riaperta la “via del deserto” dopo mesi che la gente non rischiava più perché la strada era chiusa. La malavita ha ricominciato a fare affari, i “passeur” pure, la macchina è ripartita. Le ONG esultano perché hanno vinto loro. Meno male, siamo tutti più “buoni”… Quale dei due fratelli ha avuto ragione? Perché l’Italia e l’Europa oltre che discutere di “porti chiusi” non discutono e decidono di investire soldi seriamente per preparare dei flussi controllati “a monte” ? Perché non si filtrano invece le domande alla partenza distribuendo già gli arrivi con voli charter ? Perché si continua a guardare all’ultimo anello della catena e non a liberare – rompendoli e superandoli – gli anelli che ci stanno prima.