Gli attivisti su Rousseau hanno deciso con il 60% di preferenze: sì all'accordo civico in Umbria. Nessun plebiscito, ma tanto basta. Ora, però, ricomincia la turbina dei totonomi e nel mazzo spunta quello dell'avvocato Francesca Di Maolo, 49 anni, di Spoleto, e presidente dell'Istituto Serafico di Assisi, un centro di eccellenza per bambini disabili. Potrebbe essere lei il nome "terzo" che sbloccherà l'impasse dell'alleanza riluttante.

Un colpo al Pd e uno a Di Battista. Nel giorno in cui i militanti grillini umbri sono chiamati a decidere sulla svolta storica per il Movimento 5 Stelle, per la prima volta disponibile a una coalizione elettorale, Luigi Di Maio sceglie di “corprirsi” su tutti i fronti. Interni ed esterni. Senza consultarsi con i potenziali alleati dem alle Regionali, il capo politico lancia nella mischia la sindaca di Assisi Stefania Proietti come candidata governatrice, e senza nominare mai l’ex amico risponde seccamente a Dibba che il giorno prima aveva invitato gli attivisti a diffidare dal Pd. La mossa spiazza tutti, soprattutto i piani alti del Nazareno, impegnati da settimane a cercare una mediazione complicatissima sul nome da proporre agli elettori. Gli sherpa di Nicola Zingaretti continuano a proporre Andrea Fora, ex presidente di Confcooperative, ma Di Maio ha pubblicamente puntato su un altro “cavallo”. «E ci aspettiamo una risposta, perché non c’è più tempo», scrive il leader pentastellato sul Blog delle Stelle, mettendo in allarme i potenziali alleati. «Siamo noi che chiediamo al Movimento 5 Stelle di scegliere in fretta, sono mesi che c’è in campo un candidato civico, cattolico e sociale», replicano dal Pd. «Un candidato che non è del Partito Democratico e che non si ritira se lo dice o non lo dice il partito», è il messaggio. E nel pomeriggio Di Maio precisa non essere interessato alla discussione sui nomi, l’unica priorità è «trovare un metodo ben chiaro che possa de- partitizzare le giunte regionali».

L’impressione però è che il capo politico voglia più ritrovare una connessione sentimentale col suo popolo che parlare ai suoi probabili interlocutori politici: rassicurare gli iscritti e convincerli che il Movimento conta. Di Maio prova a spiegare tutti i cambiamenti che hanno investito il partito nell’ultimo anno e mezzo: dalla creazione di strutture organizzative ai risultati ottenuti nei mesi di governo con la Lega, passando per le aspettative riposte nel Conte bis. «Ora siamo qui e abbiamo realizzato un’altra impresa. E abbiamo dimostrato davvero di essere post- ideologici: abbiamo accettato di lavorare con forze politiche di destra o di sinistra», dice il leader M5S, prima di rispondere seccamente alle bordate di Di Battista sul nuovo esecutivo. «Qualcun altro dice: “non vi fidate del Pd”, “attenti”, “non fatevi fregare”. Io dico a tutti: la fiducia si dimostra! E in questo caso alla prova dei voti in Parlamento», rimarca Di Maio. «E la prima prova di questo Governo è il taglio dei parlamentari».

Questi sono i temi con cui il ministro degli Esteri spera di convincere una basa disorientata. Il resto, sono considerazioni da «parolai», dice il fichiano Luigi Gallo, ribattendo a sua volta a Dibba, «gente che demolisce e che più o meno inconsapevolmente si adopera per la vittoria del centrodestra in Italia». Ma c’è anche un’altra novità di non poco conto che Di Maio vuole annunciare ai suoi: «Il gruppo dei verdi europei ha votato a favore di un dialogo con il Movimento 5 Stelle. Significa che, forse, c’è la possibilità di entrare nella grande famiglia europea dei verdi». Archiviata la parentesi Farage e i maldestri tentativi di creare un gruppo autonomo a Strasburgo, i grillini operano dunque un’altra svolta, in sintonia con la scelta di sostenere Ursula von der Leyen, e con una connotazione politica molto più definita. «Io credo che sia arrivato il momento di fare un altro salto», conclude il leader M5S. «La vita è una scelta continua, un cambiamento continuo, è fare i conti con la realtà, che spesso è scomoda e non ci piace». In serata gli iscritti gli danno ragione, l’accordo col Pd in Umbria passa col 61 per cento dei consensi.