Tutto parte a inizio estate. Dal 2 luglio per l’esattezza, giorno in cui il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il presidente del Cnf Andrea Mascherin sottoscrivono un protocollo d’intesa che istituisce il “Nucleo centrale di monitoraggio sull’equo compenso”. Un organismo inedito, perché rappresenta l’alleanza tra la politica al più alto livello, quello governativo, e una grande categoria professionale qual è quella degli avvocati. Obiettivo: vigilare sul rispetto di una legge, spesso aggirata, ignorata, comunque violata dalla stessa pubblica amministrazione.

E proprio in questa per certi versi straordinaria iniziativa assunta dallo Stato a presidio contro i propri stessi errori che risiede il valore politico di quel passaggio a via Arenula. L’altro elemento innovativo e strategico è nella previsione, inserita al secondo articolo del protocollo d’intesa, che - in parallelo al Nucleo centrale - siano attivati anche Nuclei di monitoraggio locali, promossi dal Cnf. La vigilanza assunta insieme da ministero della Giustizia e avvocatura si articola dunque anche in una “Rete nazionale”, personificata da avvocati in carne ossa, occhi attenti sulle violazioni della legge.

E in effetti subito dopo la firma del protocollo a via Arenula, il presidente del Cnf Mascherin invia una lettera ai presidenti di tutti i Consigli dell’Ordine italiani per inviarli a costituire un Nucleo di vigilanza sull’equo compenso. Nel giro di tre settimane le adesioni sono già 20. Passano altri due mesi scarsi e si arriva a 65. Con una distribuzione geografica molto indicativa: si attivano gli Ordini circondariali di gran parte delle maggiori città italiane: Milano, Napoli, Torino, Genova, Venezia, Palermo, Bari. Non c’è una prevalenza riconoscibile: la necessità di contrastare i “bandi a zero euro” dei Comuni e le “convenzioni” ribassiste di banche e società assicurative è avvertita al Nord, al Centro e al Sud. Nei grandissimi Fori come in quelli più piccoli.

Il Cnf indica un semplice account di posta al quale segnalare l’approvazione delle delibere, da parte dei Coa, che istituiscono i “Nuclei locali”. L’indirizzo equocompenso@ consiglionazionaleforense. it diventa anche il riferimento per trasmettere le segnalazioni dei casi di illecito. Altre ne arrivano da singoli avvocati. I casi di conclamata violazione delle norme sull’equo compenso sono decine. Si va dai minimi parametrici allegramente ignorati, e beffati con aste ribassiste che premiano chi si rassegna a compensi irrisori, a convenzioni private in cui si pretende che l’avvocato anticipi le spese delle cause a lui affidate o addirittura che possa trarre la propria retribuzione solo in caso di esito favorevole del giudizio, attraverso il recupero delle spese a cui magari il legale deve provvedere con un’ulteriore azione.

Nonostante la pausa nelle attività giurisdizionali, i casi censiti a fine luglio finiscono per risultare raddoppiati a metà settembre. A mobilitarsi sono anche due Unione regionali: l’Unione degli Ordini forensi della Sicilia e l’Unione Triveneta. In tutto significa altri 24 Coa coinvolti nella “vigilanza”, tenuto conto però che alcuni avevano già istituto un proprio Nucleo. È una mobilitazione mai vista nel panorama delle libere professioni. Animata da uno spirito di autotutela ma anche di ripristino dell’equità sociale che ha valore per l’intero sistema Paese.