«C’è chi è arrivato ad equiparare il consenso elettorale a quello mafioso. Ne siamo colpiti. Da magistrati sappiamo che evocare a sproposito la criminalità organizzata significa minimizzarne la gravità».

Così AreaDG interviene con una nota nel dibattito elettorale per il Csm. Secondo le toghe di Area «questa campagna elettorale può essere l’occasione per voltare pagina» perchè «per la prima volta da quando questo sistema elettorale è in vigore abbiamo un numero di candidati che consente una scelta vera: era quello che volevamo, era quello che voleva l’Anm quando ha fatto propria la nostra idea.

Qualunque alternativa sarebbe stata un affronto alle aspettative di cambiamento e all’indignazione esplosa nelle assemblee di giugno e luglio, determinando la diserzione dal voto e lo svilimento dell’autogoverno».

Le toghe progressiste rivendicano «la scelta di non nominare candidati del nostro gruppo, favorendo candidature dal basso.

Gli altri gruppi associativi hanno fatto scelte diverse: presentare un solo candidato, deciso dalla dirigenza della corrente, aumenta le possibilità di vincere un seggio, ma - spiegano - rischia di compromettere la fiducia dei magistrati nell’autogoverno».

Inoltre, aggiungono, «alcuni candidati cercano di nascondere l’appartenenza ad una corrente confidando nella memoria corta.

Altri rivendicano l’estraneità all’associazionismo giudiziario come un segno di onestà» : una strada sbagliata, perchè, pur «non negando le degenerazioni del correntismo e pur non ignorando che i gruppi associativi sono percepiti, non sempre a torto, come strumenti per costruire carriere», «si deve restituire all’associazionismo giudiziario la dimensione ideale» e farne «uno strumento di interlocuzione con il legislatore, l’ordine forense, il mondo accademico, la società».

L’appello finale Area lo rivolge a tutti i magistrati italiani, invitandoli esplicitamente a «rifiutare i vecchi meccanismi di proselitismo e non dimenticare che il voto può determinare il tramonto della fase buia della politica associativa e il superamento dei circuiti di potere, che hanno generato lo scandalo scoperto dalle indagini di Perugia e che hanno umiliato magistratura e Csm».