Mentre la base del M5s stava ancora votando sulla piattaforma Rousseau, nel Pd è arrivata la prima rinuncia. Ed è quella di Andrea Orlando, vicesegretario dem, che ha deciso di rimanere al suo posto all’interno del partito, rinunciando ad occupare una delle caselle della squadra di governo. Per due ragioni: la prima riguarda la «richiesta di discontinuità» avanzata dal Pd, che implica «la necessità di una forte innovazione» anche all’interno dello stesso partito. La seconda «è che credo che la scommessa che stiamo facendo si gioca in larga parte nella società e in questo senso sarà determinante il ruolo del nostro partito». Rimanere in sella, dunque, è «parte integrante della battaglia che dovremo condurre insieme». Un gesto «di grande generosità» per il quale Nicola Zingaretti ha ringraziato il suo vice, in vista di «una fase del tutto nuova e tutta da scrivere» della politica italiana, una fase «importantissima, che sosterremo con tutte le nostre forze» e che implica non solo l’impegno per il governo, ma anche per il partito. «Con la chiusura del lavoro programmatico si è fatto un altro passo avanti per un Governo di svolta - ha aggiunto dopo l’esito del voto su Rousseau - Ridurre le tasse sul lavoro, sviluppo economico, green economy, rilancio di scuola, università e ricerca, modifica radicale dei decreti sicurezza. Ora andiamo a cambiare l’Italia», ha aggiunto. L’altra vice del segretario dem, Paola De Micheli, invece non si è tirata indietro di fronte ad un possibile posto nell’esecutivo. «Io sono a disposizione», ha dichiarato, «quello che mi verrà chiesto, lo farò. Abbiamo un solo obiettivo: rendere migliore la vita delle persone». Partendo da una presenza femminile «paritaria e ovviamente qualificata» all’interno del governo. Nel tardo pomeriggio di ieri, dunque, i ruoli hanno cominciato a definirsi. Poco prima di conoscere l’esito del voto - un sì «plebiscitario», ha commentato Luigi Di Maio, contro un no che, per Matteo Renzi, sarebbe stato invece «un suicidio» politico per i grillini - all’uscita di Palazzo Chigi, Andrea Marcucci ha confermato di voler rimanere capogruppo al Senato, dicendosi «molto soddisfatto», per il «lavoro difficile» fatto ma il cui esito è «di grande soddisfazione per il Pd e per gli altri partiti con cui abbiamo scritto questo documento». L’incontro di ieri con Giuseppe Conte è servito per prendere atto dei punti proposti dai partiti più piccoli nei giorni scorsi e per inserirli nel programma per la proposta finale. «Siamo molto soddisfatti - ha aggiunto - è un ottimo lavoro ricco di contenuti che, dal nostro punto di vista, permetterà al Paese di rilanciarsi». I nodi, dunque, sono stati tutti «affrontati e risolti positivamente». Sul taglio dei parlamentari, ad esempio, «si va avanti con una serie di interventi sui regolamenti delle Camere - ha aggiunto cercando anche il consenso più ampio su una nuova legge elettorale e sui decreti sicurezza andrà tenuto conto dei rilievi del presidente della Repubblica». Sempre dopo l’incontro, Graziano Delrio ha confermato che il lavoro «è praticamente è finito». Un «lavoro serio», ha sottolineato, rifiutandosi di chiarire quale sarà il suo ruolo nel futuro governo: «non parlo di nomi». Dopo la rinuncia ai due vicepremier, intanto, l’ipotesi è che Luigi Di Maio e Dario Franceschini possano rivestire il ruolo di «capi delegazione» dei partiti. Ma per Franceschini si apre anche l’ipotesi di poter sostituire Matteo Salvini al ministero dell'Interno, anche se l’idea più accreditata, al momento, rimane quella di un ministro tecnico. Intanto le due anime del Pd si confrontano. Se da un lato il senatore Matteo Richetti si è schierato contro l’accordo con il M5s, parlando di «un giorno triste» e di «sconfitta di chi crede nelle istituzioni» a proposito del voto su Rousseau, Renzi ha rivendicato la battaglia per l’accordo, una battaglia «che mi costa tantissimo dal punto di vista umano», data la continua polemica con il M5s, ma «utile e giusta per il Paese». Una battaglia rivendicata anche dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, primo e storico sponsor del patto tra i due partiti, per «una grande rivoluzione italiana attraverso un Governo che rimetta al centro quelli che non contano niente, l'ambiente, le cose più importanti della vita che sono la pace, la nostra capacità di tenere insieme giustizia per gli italiani e diritti per il mondo - ha dichiarato - Mi auguro che il M5s impari dal Pd a tenersi nel proprio interno tutti quei militanti che la pensano diversamente dal comune sentimento, e che li sopporti come il Pd ha sopportato me. La democrazia è questo».