Candidature “autonome” alle suppletive del Csm per i due posti della categoria dei requirenti. Per tentare di archiviare lo scandalo del mercato delle nomine, esploso dopo la pubblicazione delle intercettazioni che hanno interessato l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, i pm in corsa alle elezioni di ottobre prendono le distanze dalle correnti.

Un déjà vu che ricorda molto da vicino quello che è accaduto alla fine della Prima Repubblica, quando i partiti tradizionali entrarono in crisi, con il proliferare di liste civiche, composte da esponenti della società civile, e di movimenti destrutturati legati al carisma del singolo.

Il primo a smarcarsi dal gioco correntizio è stato il pm antimafia Nino Di Matteo. Dal palco della Versiliana dove questo fine settimana era in corso la festa del Fatto Quotidiano, Di Matteo ha sottolineato di “non essere iscritto alle correnti e di non essere intenzionato a farlo”, e di voler rappresentare una candidatura “autonoma e indipendente”.

All’inizio della carriera simpatizzante per le toghe progressiste dei Movimenti per la giustizia, adesso confluite insieme a Magistratura democratica nel raggruppamento Area, Di Matteo, va comunque ricordato, si spostò successivamente al centro. Candidato ed eletto nelle liste di Unicost - la corrente di cui per anni è stato leader indiscusso Palamara - alla giunta dell’Associazione nazionale magistrati di Palermo, ne divenne il presidente per un intero mandato. Negli ultimi tempi si è avvicinato ad “Autonomia e Indipendenza”, il gruppo fondato dal’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo. Ma la scelta di Di Matteo verrà seguita anche da Unicost e Magistratura indipendente, che ospiteranno candidature di indipendenti nelle proprie liste. Solo il cartello progressista Area, ed in questo si torna al dèjà vu con la politica, ha al momento candidati espressione del gruppo associativo.

Fra le 16 toghe in corsa per prendere il posto dei dimissionari Antonio Lepre ( Magistratura indipendente) e Luigi Spina ( Unicost), spicca il nome di Anna Canepa, già segretaria nazionale di Md, attualmente in forza, come Di Matteo, alla Dna. Ma tra gli altri c’è appunto anche chi, pur sostenuto da un preciso gruppo associativo, tende a marcare la propria natura di indipendente.

È il caso, per esempio, di Antonio D’Amato, presentato da “Mi” ma attento a rimarcare, nelle comunicazioni inviate ai colleghi, la propria vocazione autonoma. Stessa attenzione seguita da Alessandro Crini, che Unicost propone al proprio bacino elettorale come un nome al quale affidarsi, ma che, personalmente, non fa certo del sostegno ottenuto dal gruppo centrista l’argomentazione prevalente della propria campagna.

La vicenda Palamara ha indubbiamente minato la credibilità della magistratura. Ma è avvenuto anche per l’assenza di una legge che regolamenti il transito dalle aule del tribunale ai palazzi della politica. Legge richiesta da tutti ma che non ha ancora trovato ospitalità nella Gazzetta ufficiale.

Gli osservatori della politica giudiziaria hanno già evidenziato le possibili conseguenze della prese di distanza dalle correnti: ad essere eletti saranno i candidati che hanno maggiore visibilità e conoscibilità. Ed e chiaro che un magistrato è noto al grande pubblico per le indagini che conduce. Come nel caso di Di Matteo con il processo Trattativa.