In una crisi di governo provocata invocando elezioni da una spiaggia, e solo successivamente materializzata nelle sedi deputate, la prima preoccupazione del presidente della Repubblica è impedire ulteriori oltraggi alle istituzioni.

Per questo, quando il ministro che ha ” chiamato” la crisi ha poi cercato una strabiliante inversione di marcia dichiarandosi pronto a rimettere insieme l’alleanza di governo con profferte di maggior spazio e visibilità all’alleato divenuto nemico acerrimo, Mattarella ha fatto subito sapere che i tempi si erano fatti brevi.

Che il calendario delle consultazioni, comunicato poi ieri sera, sarebbe potuto essere brevissimo. Come dire: tornate su un binario di serietà e responsabilità. Non crediate di poter salire al Colle e fare come non fosse successo nulla, come se scatenare una crisi di governo fosse una barzelletta: non crediate di poter prendere in giro le istituzioni.

Salvini deve averlo ben compreso perché, dal dí delle sue pubbliche profferte a Di Maio, almeno pubblicamente tace. Da questa impostazione - stante il livello assai basso di senso di responsabilità delle attuali forze politiche, potremmo dire- discende anche che, delle molte possibili, c‘ è una ipotesi di cui il campo è sgombro: che al governo possa tornare l’alleanza gialloverde ( e questo, chissà se lo ha compreso fino in fondo Di Maio, visto che secondo le cronache continua a scambiare messaggi con Salvini).

Non a caso Mattarella, parlando agli italiani alla fine del primo giro di consultazioni, ha ripetuto due volte che la crisi di governo è stata provocata da “una dichiarata rottura polemica” tra le forze di maggioranza. Fissando subito il perimetro della soluzione alla crisi: “decisioni chiare in tempi brevi”. Tutto il contrario, appunto, della piega “Scherzi a parte” che i leader gialloverdi sembravano voler imboccare.

Per il resto, il timing della crisi potrebbe seguire un corso normale, sempre che 5S e Pd dimostrino di esser riusciti ad instaurare un’intesa politica, e non di aver semplicemente trovato un ( peraltro difficilissimo) accordo sulla composizione del governo, a cominciare dal nome del presidente del Consiglio.

Se il caso fosse questo, se tale si rivelasse nelle consultazioni al Colle di oggi, sempre che Pd e 5S si presentino nello Studio alla Vetrata convinti di quel che fanno, tra stasera e mercoledì Mattarella potrebbe assegnare un mandato ( al momento un Conte bis è alle porte) e poi ci sarebbero un 2- 3 giorni di consultazioni.

Presumibilmente per il prossimo lunedì il presidente del consiglio incaricato potrebbe tornare al Colle con la lista dei ministri, e poi sciogliere la riserva. Sarebbe l’evoluzione naturale di una normale crisi di governo, a ritmi appena accelerati.

È infatti necessario, se ve ne saranno le condizioni politiche, che 5S e Pd provino a portare fino in fondo il tentativo di comporre una maggioranza di governo. Se il tentativo dovesse fallire ( come è possibile, trattandosi tra l’altro della ricerca di intesa tra due forze che si sono aspramente combattute, e che sono anche profondamente diverse tra loro, oltre che lacerate in diverse fazioni al loro interno), non resterebbero che le elezioni anticipate. In vista delle quali Mattarella predisporrebbe un governo che traghetti il Paese al voto, restando in sella pochi mesi: composto di personalità di garanzia - dunque non di politici- esso può essere anche un governo di minoranza in Parlamento.

È appena un corollario - ovvio- che Salvini non affronterà le elezioni dalla scrivania del Viminale: al ministero dell’Interno è istituzionalmente affidata la gestione delle consultazioni elettorali, dal momento del deposito dei simboli dei partiti fino al conteggio del voti finali, e non è possibile che ne sia responsabile politico chi è anche capo partito, e pure candidato premier.

In caso di elezioni, che calendario alla mano si potrebbero tenere attorno al 10 di novembre, si apre la spinosa questione della Legge di Bilancio, e dell’Iva che rischia di aumentare. Il timing studiato con la Ragioneria generale in questo caso prevede una manovra che fotografi la situazione attuale da presentare a termine di legge in Parlamento entro il 20 ottobre, e poi si voterebbe entro fine dicembre un disegno di legge per l’esercizio provvisorio: esso durerebbe pochi mesi esattamente come il governo elettorale, permettendo al nuovo governo di fare poi le scelte di politica economica che saranno ritenute più opportune.

Mentre per l’aumento dell’Iva basterebbe un decreto che lo facesse slittare a primavera ( al Mef hanno assicurato o che le coperture finanziarie ci sono). Il nuovo governo poi dovrebbe essere in funzione per i primi dell’anno prossimo. Salvo complicazioni, naturalmente, perché nuove elezioni potrebbero produrre l’effetto di rinnovare leadership e sgombrare il campo da correnti scomode all’interno delle forze politiche, ma anche di lasciare i rapporti di forza invariati.

Ovvero non dare un vincitore certo, nemmeno come coalizione.