«Non abbiamo altri tavoli in calendario con altre forze politiche». Francesco D’Uva, capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, rassicura il Pd dopo l’incontro con la delegazione dem avvenuto a Montecitorio. È il segnale che il partito di Zingaretti attendeva per proseguire il confronto e tentare di dar vita a una nuova maggioranza politica in Parlamento. Anche se qualcuno chiede che la stessa chiarezza venga utilizzata col Quirinale, il primo approccio è andato a buon fine. Almeno a sentire i protagonisti della trattativa. Da un lato della scrivania ci sono i capigruppo grillini di Camera e Senato, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, accompagnati dai loro vice Francesco Silvestri e Gianluca Perilli, dall’altra gli ex nemici giurati Graziano Delrio, Andrea Marcucci e Andrea Orlando. Per ora i leader restano in disparte, ma l’alchimia impossibile del primo incontro sembra funzionare e tutti protagonisti escono dalla stanza col sorriso sulle labbra. «Il clima è stato costruttivo, quello che ci interessa è dare risposte al Paese, lo abbiamo detto chiaramente al Presidente della Repubblica», dice sollevato Stefano Patuanelli. «Ci interessano i punti che abbiamo messo al centro della nostra politica. Quelli sono i temi su cui lavoriamo». Non solo, l’ottimismo del capo dei senatori pentastellati va oltre le dichiarazioni di rito: «Questo tavolo non ha posto ostacoli insormontabili», aggiunge Patuanelli.

Il punto fermo dei 5Stelle - «che getta le basi per tutto» il resto - rimane il taglio dei parlamentari, come indicato da Luigi Di Maio dopo il colloquio con Sergio Mattarella. E su questo il Pd non è apparso affatto indisponibile al confronto. «Noi siamo sempre stati e rimaniamo a favore del taglio dei parlamentari», fa sapere la delegazione dem incaricata di negoziare. «Siamo disponibili a votare la legge ma riteniamo che vada accompagnato da garanzia costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare». In altre parole: ben venga la riduzione degli eletti, ma a seguito di una seria riforma costituzionale e una nuova legge elettorale. «C’è stata un’ampia convergenza sui punti dell’agenda ambientale e sociale», spiega Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera, aggiungendo che «c’è un lavoro molto serio da fare sulla legge di bilancio, sulle priorità». Ma secondo parecchi esponenti dem l’incontro è stato «positivo, oltre le aspettative».

Ora bisogna stabilire un’agenda precisa delle priorità da condividere in un vero e proprio programma di governo da sottoporre al Capo dello Stato entro martedì. E anche che non dovrebbero esserci incontri tra leader nel fine settimana, le due delegazioni continueranno a lavorare senza sosta. «Noi ci crediamo», fanno sapere dal Nazareno, anche se nessuno si sente di poter garantire sulle intenzioni del Movimento. Luigi Di Maio, coi suoi, prova tenere la barra dritta, convinto che il Pd non sia così forte da poter dettare le condizioni. «Il taglio dei parlamentari va fatto senza contro- condizioni», fa sapere ai suoi il capo politico. «Deve entrare nel calendario di settembre. Ed è solo il primo dei punti che si dovranno discutere. Siamo la forza politica di maggioranza relativa. Zingaretti mi dovrà dare garanzie su questo, garanzie che ancora non ha dato, altrimenti non si va avanti». Ma voce grossa a parte, per ora il confronto prosegue, anche se le insidie potrebbero presentarsi in qualsiasi momento. Gli ostili all’alleanza si annidano all’interno delle due forze politiche e all’esterno, con la Lega che non ha mai interrotto i propri canali di comunicazione con i vecchi alleati, e potrebbero creare scompiglio anche all’ultimo momento. Per ora gli sherpa giallo- rossi non si fanno distrarre e cominciano a interrogarsi anche sul puzzle del futuro esecutivo.

Il primo nodo da sciogliere, ovviamente, riguarda il presidente del Consiglio. Beppe Grillo, in serata, scrive un post dedicato a Giuseppe Conte. «Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura ed il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità persa di fronte al mondo intero», scrive dopo aver dedicato qualche passaggio al vetriolo a Matteo Renzi. «Se dimostreremo la capacità di perdonare le sue virtù sarà un passo in avanti per il paese, qualsiasi cosa che preveda di scambiare lui, come facesse parte di un mazzo di figurine del circo mediatico- politico, sarebbe una disgrazia. Ora ha pure un valore aggiunto... l'esperienza di avere governato questo strano paese... benvenuto tra gli Elevati», aggiunge il fondatore del Movimento. Nonostante l’insistenza di Grillo, sembra però difficile ipotizzare che l’avvocato possa avere un futuro da premier in un nuovo governo. Circolano invece nomi di persone esterne ai partiti a tutela di una possibile alleanza. In questo senso, restano “quotati” Enrico Giovannini e Raffaele Cantone, ma comincia a serpeggiare anche il nome di Franco Bernabè: banchiere e finanziere è stimato sia in ambienti dem che pentastellati, tanto da essere uno degli ospiti dell’ultima edizione di Sum, la kermesse che ogni anno Davide Casaleggio organizza a Ivrea in nome del padre Gianroberto. In calo, invece, le chance di Marta Cartabia, e Paola Severino. Nicola Zingaretti non vuole nomi in continuità con la vecchia maggioranza. Potrebbe al massimo accettare di lasciare Luigi Di Maio al ministero del Lavoro, per il resto chiede rinnovamento.

La riconciliazione tra ex nemici potrebbe essere a portata di mano. Mattarella aspetta severo un segnale inequivocabile. O saranno elezioni anticipate.