Non si può dire se l’accordo tra M5S e Pd andrà in porto. Ma di certo tra le incognite che punteggiano il sentiero dell’intesa ci sono pure quelle sulla giustizia. E non sono poche. Perché se è vero che su alcuni dossier le distanze potrebbero rivelarsi meno siderali del previsto ( per esempio la riforma dell’ordinamento giudiziario) per altri versi si profila un rischio enorme, in particolare per il Pd: vedersi messo alle strette dalle iniziative garantiste del centrodestra.

Il partito guidato da Nicola Zingaretti, se davvero si acconciasse a formare un esecutivo con i cinquestelle, finirebbe fatalmente per essere messo in gravissimo imbarazzo da alcune proposte di legge del neo- rinato centrodestra. Tra i diversi casi, ce ne sono due che spiccano: si tratta di un testo presentato dal capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo, e di un altro depositato alla Camera da Forza Italia, e certamente destinato a calamitare anche il consenso leghista.

I TESTI DI LEGGE La prima proposta riguarda l’eliminazione degli effetti retroattivi delle norme con cui la spazza corrotti ha esteso ai reati contro la Pa le preclusioni nell’accesso alle misure alternative al carcere, cioè il famigerato articolo 4 bis. La seconda, firmata dal responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa, punta - udite udite - a sopprimere la “nuova” prescrizione introdotta, sempre con la spazza corrotti, a inizio gennaio. Due siluri che costringerebbero i dem a scegliere tra garantismo e sintonia con il nuovo alleato. Due azioni di disturbo che metterebbero a dura prova la tenuta di un sodalizio politico che prima ancora di nascere pare a tutti, per mille ragioni, carico di insidie.

L’iniziativa di Romeo al Senato riprende in modo quasi fotostatico un’analoga proposta di legge presentata proprio da Costa alla Camera nel febbraio scorso. Nel mirino c’è appunto l’efficacia anche retroattiva della misura inserita all’articolo 1 comma 6 della spazza corrotti che, a chi è condannato per reati contro la Pa, impedisce di chiedere l’applicazione di misure alternative alla galera, salvo dimostrare, dopo l’incarcerazione, disponibilità a collaborare con la giustizia.

La modifica entrata in vigore a inizio anno ha già prodotto effetti paradossali in numerosissimi procedimenti che non solo riguardavano reati commessi molto prima della promulgazione della legge, ma per i quali spesso i condannati avevano preventivamente optato per riti come il patteggiamento proprio in vista dei benefici a cui avrebbero così potuto accedere, benefici clamorosamente svaniti con la spazza corrotti.

A inizio marzo il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi, sollecitato da Costa, aveva prefigurato una norma di interpretazione autentica che sottraesse alla ghigliottina della riforma almeno i processi già definiti e per i quali mancasse il solo ordine di esecuzione. Ritocco in ogni caso parziale: così la proposta “anti- retroattività” del deputato azzurro, di appena un articolo, era stata assegnata alla commissione Giustizia di Montecitorio a inizio aprile, senza però essere mai messa all’ordine del giorno.

Ora a Palazzo Madama ci prova il capogruppo del Carroccio, che potrà contare su un presidente della commissione Giustizia che al Senato è a sua volta un leghista, Andrea Ostellari, e che non esiterebbe certo a spingere lo stop alla spazza corrotti nella pole position dei fascicoli da esaminare. Anche considerato che nel frattempo quelle norme sull’esclusione dei benefici penitenziari sono state inviate alla Consulta, per sospetta incostituzionalità, da diversi giudici di merito e, poche settimane fa, persino dalla Cassazione.

SI PUNTA SULLA BONGIORNO Su questa batteria di incursioni in materia di giustizia penale, il ritrovato centrodestra potrebbe contare sulla regia di una figura altrettanto sagace come la “quasi- ex” ministra alla Pa Giulia Bongiorno. È a lei che il Carroccio si affida per sbrogliare le matasse legislative in ambito giudiziario. E Bongiorno certo non si farebbe sfuggire l’occasione offerta dall’altro testo depositato da Costa, il più recente, a cui si è fatto cenno all’inizio: quello con cui sarebbe soppressa, come detto, la nuova norma che abolisce la prescrizione in tutti i processi penali dopo la sentenza di primo grado.

Il responsabile Giustizia di FI l’ha presentata pochissimi giorni fa, lo scorso primo agosto, proprio a ridosso del deflagrare della crisi di governo. Neppure è stato assegnato, ovviamente, alla competente commissione Giustizia. Ma sarebbe l’arma che anche la Lega ( Bongiorno innanzitutto) sarebbe ben lieta di brandire contro i cinquestelle e soprattutto il Pd. Il tratto di penna sulla prescrizione bloccata dopo il primo grado realizzerebbe la tesi leghista per cui una simile norma non possa entrare in vigore senza la preliminare riforma complessiva del processo, allo stato difficile da recuperare.

Con la richiesta di approvare la pdl di Costa, azzurri e salviniani metterebbero, di nuovo, il Pd alle strette: lo obbligherebbero a dimostrare di avere a cuore le ragioni del garantismo, a costo di mettere a dura prova l’eventuale alleanza con il Movimento, senza neppure avere avuto il tempo di abituarsi all’imprevedibile matrimonio.