Nel poker Texas Hold'em, l’all-in è il momento in cui un giocatore rischia tutti soldi che ha. Matteo Salvini ha deciso di fare l’all- in su se stesso. Punta sulla sua leadership, invoca le elezioni per andare da solo e vincere l’intera posta: la maggioranza assoluta in Parlamento. Il poker è un gioco d’azzardo, e quella scelta è un azzardo nell’azzardo: al tempo stesso, l’opzione più eccitante di tutte. Nella storia politica italiana, in molti ci hanno provato lasciandoci le penne. Risuonano ancora i lai di Silvio Berlusconi: «Se avessi il 51 per cento...». L’unico che c’è riuscito è stato Alcide De Gasperi nel 1948: la Dc prese il 48,51 per cento e la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Eppure il leader democristiano non volle governare da solo e associò nella maggioranza repubblicani, liberali e socialdemocratici. Era allergico ai monocolori. Adesso ci prova il ministro dell’Interno per ottenere tutto il potere politico e un esecutivo monocolore verde- Lega da lui guidato.

E’ una scelta che deriva dal grande (ancorché virtuale) consenso che circonda il Capitano. Ma prefigura anche un cambio di passo nello scenario politico: il segnale più esplicito di una crisi di sistema che minaccia di avvitarsi su sé stessa. Da 25 anni in qua, dal crollo dell’equilibrio fondato sui partiti figli del dopoguerra, infatti, l’Italia è alla ricerca, vana, di un assetto stabile. Più che la voglia «dell’uomo forte», l’elettorato ha premiato figure ritenute capaci di mettersi sulle spalle il peso dei problemi italiani. C’è stata la lunga fase berlusconiana, cui ha fatto seguito quella, più breve, di Matteo Renzi. Sulle macerie di quelle due esperienze politico, è nata la coalizione gialloverde di impianto sovranista- populista. Crollata dopo appena un anno e mezzo.

Tutti e tre gli esperimenti hanno fallito; tutti e tre - indipendentemente dal sistema elettorale - erano obbligatoriamente di impianto pattizio in quanto nessun partito ha ottenuto i voti per governare da solo. Il tentativo di Salvini nasce sull’onda di questi fallimenti, con l’obiettivo di togliere di mezzo qualunque alleato capace di fare ombra o condizionare la geometrica potenza del Capo. In 25 anni sono state bruciate tutte le opzioni sul terreno: non è per nulla detto che quella del vicepremier leghista riesca. Ma a forza di falò il pericolo è che tutto diventi terra bruciata. E il Paese resti con in mano un pugno di cenere.