Aveva detto senza mezzi termini che alle elezioni anticipate lui non ci sarebbe mai andato e che nonostante la maggioranza precaria alla Camera dei comuni sarebbe andato avanti fino alla chiusura dello psicodramma brexit. Ma chi conosce Boris Johnson sa che le certezze di ieri sono i dubbi di oggi e che i giudizi sono spesso volatili.

BORIS PREPARA LE ELEZIONI Così non stupisce che il leader conservatore e premier britannico abbia assoldato alla sua “corte” Isaac Levido, guru elettorale vicino alla destra liberale britannica. Da ieri Levido è infatti il direttore politico del Cchq, il Conservative Campaign Headquarters. In pratica, il quartier generale dei Tories.

Come riporta il Telegraph, Levido, pupillo di Sir Lynton Crosby, altro “mago” delle campagne elettorali dei conservatori, riferirà direttamente a Dominc Cummings, il capo stratega del premier e grande sostenitore della brexit.

La trionfale vittoria di Johnson nel 2008 che lo portò a diventare sindaco di Londra contro tutti pronostici era stata concepita e condotta proprio dalle sapienti mani di Levido che ora deve ridare impulso alla propaganda del partito ridotto al lumicino da Theresa May. Se è vero che Johnson vorrebbe evitare le elezioni, il realismo impone di avere in tasca un convincente piano b.

SCONTRO CON BRUXELLES Anche perché la rovente partita della brexit alimenta lo scontro politico interno con Johnson che si dice pronto ad abbandonare l’Unione europea «a ogni costo», preparandosi di fatto per un brutale no- deal.

Bruxelles accusa direttamente il premier di rifiutare qualsiasi compromesso perché «la sua idea centrale è il no- deal e il suo scenario la hard brexit», dicono alcuni diplomatici europei citati in forma anonima dal Guardian.

Pronta la replica di Downing street che prova a gettare un po’ di acqua sul fuoco: «Il primo ministro vuole incontrare i leader Ue e negoziare un nuovo accordo, che abolisca l’anti democratico backstop», si legge in una nota ufficiale.

Il nodo della discordia rimane sempre lo stesso, la cosiddetta clausola di salvaguarda per il mantenimento del confine aperto tra le due Irlande, nel caso Londra e Bruxelles, dopo la Brexit, non riescano a negoziare un nuovo accordo commerciale che consenta il libero transito delle merci e delle persone da una parte all’altra del confine che divide l’isola.