Renato Carpentieri, che significato ha il Premio Annibale Ruccello ricevuto al Positano Teatro Festival, che durerà fino al 7 agosto?

C’è una differenza fondamentale con altri, pur importanti riconoscimenti che ho avuto. Si tratta di un premio appassionato, che possiede una sua sostanza materica che va aldilà del riconoscimento e di ciò che ho fatto nella mia carriera. Ho ricevuto un Premio de Sica, un Premio Gassmann ma questo ha un significato particolare perché Annibale l’ho conosciuto, lo stimavo molto, stavamo per lavorare insieme. Gli anni ‘ 80 erano un periodo di grandi trasformazioni e lui le rappresentava tutte, ma anche di tantissime speranze per il futuro.. Adesso le cose mi appaiono molto difficili per un giovane che ha 30 anni..

Hai mai rappresentato testi di Ruccello?

No mai, perché le nostre ricerche erano diverse. Lo sapevamo entrambi, lui cercava e studiava altre cose. Lui era per Pasolini, io ero per Franco Fortini e un’ascendente per Brecht. Ci univa l’amore per Viviani. E questo gusto del rischio ci stava facendo lavorare insieme, era una bella cosa..

C’è altro, vero?

Sono stato contento di ricevere quel premio perché ti costringe a ricordarti di quei tempi e delle persone che hai conosciuto.

Cosa può fare il teatro, con la sua parola, contro il linguaggio dell’odio?

Non può fare niente. Il teatro è stato messo in condizione di non nuocere, di non trasformare ma anche di non contribuire alla trasformazione, di non educare. Confinato in una condizione di periferia rispetto alla televisione e al cinema. Non possiamo fare niente.

Dopo 27 anni, il regista Gianni Amelio l’ha chiamata per il film La tenerezza, e per la sua interpretazione ha ricevuto il David di Donatello come miglior protagonista..

Ci vogliamo molto bene. Quando Amelio ha pensato a questo progetto ha pensato a me, si è battuto perché lo facessi io quel ruolo. Poteva farlo qualcun altro, forse con un nome di più “chiamata”, ma lui ha voluto me. Nel nostro mestiere sono importanti anche una serie di fortunate circostanze..”

Quanto l’ha aiutata fare teatro in periferia ed essere animatore di spazi teatrali?

“Io sono cresciuto con questi rapporti con i giovani, con Museum, la rassegna che è durata oltre 13 anni. Dal 1995, avrò conosciuto oltre 100 giovani attori, ciascuno mi ha dato qualcosa, ed ho cercato sempre di ricambiare rispetto alla loro creatività, mi piacerebbe continuare a farlo. Ecco perché ho creato Officina Carpentieri, un teatro studio, un laboratorio dove trasferire ai giovani quello che ho imparato e che so fare.

Sta partecipando al Film con Sofia Loren, diretta dal figlio Edoardo Ponti...

Non posso rivelare molto defilm per questioni di riservatezza. Ma posso dire che l’incontro con una Diva come Sofia Loren è unico. Sofia è affabile, simpatica, è veramente piacevole. E’ l’unica vera Diva italiana.