Al tribunale di Sorveglianza di Roma si assiste ad una “intollerabile situazione che da tempo contraddistingue l’esercizio delle legittime prerogative difensive”.

La denuncia È la denuncia del direttivo della Camera penale di Roma in un documento di protesta e proposta depositato ieri presso gli uffici competenti. I penalisti romani contestano il fatto che i difensori siano impossibilitati a conoscere l’esisto delle istanze, ad interloquire con i magistrati che spesso rifiutano di interagire con loro, ad esaminare compiutamente i fascicoli presso le segreterie.

“Per non parlare dei tempi infiniti di attesa per l’istruttoria delle pratiche, dietro le quali è bene ricordare, ci sono persone in attesa di giustizia” precisano in una lettera gli avvocati Vincenzo Comi e Giuseppe Belcastro, rispettivamente vicepresidente e consigliere della Camera penale. Poi per avere accesso alle informazioni occorre attendere ore il proprio turno in condizioni di assoluto disagio, in un angusto e torrido corridoio senza neppure sedili a sufficienza.

“In questi ultimi giorni – accusano Comi e Belcastro - sembrava un girone infernale con un unico impiegato allo sportello a causa delle ferie degli altri addetti”.

Carenza di personale Sul versante delle udienze le cose non vanno meglio, in quanto spesso i legali sono costretti a comprimere i tempi dell’intervento difensivo in ragione del numero elevato delle cause. Tale situazione è sicuramente connessa a una carenza di personale e di magistrati di ruolo ma – si legge nell’atto del Direttivo - ciò finisce per “rappresentare una semplicistica e inaccettabile giustificazione” di un problema che è invece di natura politica: “lo stato di abbandono impedisce di dare attuazione all’ordinamento penitenziario con le misure alternative, i permessi premio, le decisioni tempestive sulla liberazione anticipata”.

Stando così le cose, nello stato di collasso del tribunale di Sorveglianza, sarà più semplice garantire la “sicurezza” facendo - come si usa dire oggi - marcire i detenuti in galera’”, chiosano sempre i penalisti. Non essendo più tollerabile una situazione in cui i diritti e le prerogative della difesa e degli stessi condannati siano così calpestati e in cui ogni segnalazione o denuncia fino ad oggi è caduta nel vuoto, il Direttivo chiede con urgenza di affrontare seriamente il problema.

Le soluzioni proposte Il dialogo con la presidente del Tribunale, Maria Antonia Vertaldi, è aperto ma occorre fare molto di più, “giungendo finanche a stimolare un intervento congiunto presso il ministro della Giustizia”.

Prima che la riforma diventi strutturale, il Direttivo propone alcune soluzioni immediate e praticamente a costo zero: installazione di due postazioni fisse per assumere le informazioni necessarie sul procedimento o sull’esito di istanze, senza dover fare le interminabili file e senza passare dall’unico cancelliere disponibile; inviare le istanze tramite posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo ricevere informazioni o la notifica dei provvedimenti.

“Il Tribunale di sorveglianza – concludono i penalisti - è l’organo preposto al controllo sulla legalità dell’esecuzione della pena. Non tollereremo che diventi, per i condannati degli istituti penitenziari del Lazio, pena nella pena”.