Annamaria Furlan* Caro Direttore, sono passati ventisette anni dalla strage di Via D’Amelio, dove persero la vita Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Due mesi prima, il 23 maggio erano stati assassinati Giovanni Falcone, insieme alla giovane moglie Francesca ed altri poliziotti eroici servitori dello stato.

Quelle stragi orribili di Palermo, furono un colpo durissimo per il nostro paese.

Falcone e Borsellino avevano cercato di combattere la mafia. Falcone e Borsellino erano due grandi magistrati che avevano cercato di combattere la mafia con grandi capacita' investigative, individuando responsabilità, convivenze e connessioni, anche dentro lo Stato.

Smarrimento, rabbia, paura furono i sentimenti comuni in quelle giornate tragiche. Ma come era già accaduto negli anni tragici del terrorismo, fu il mondo del lavoro a scendere in campo per sollecitare una risposta unitaria ed attiva di tutto il paese, senza distinzioni, di fronte all'attacco portato al cuore delle istituzioni democratiche dalla mafia. Un mese dopo la strage di Capaci, il 27 giugno 1992, centomila lavoratori giunsero a Palermo da ogni parte d'Italia, marciarono dietro le bandiere del sindacato per chiedere giustizia, legalità, sviluppo. Ci fu una grande manifestazione unitaria, che costituì una svolta alla nascita di un sentimento collettivo di rivolta delle coscienze nei confronti del ricatto mafioso.

Lo Stato seppe reagire, i boss mafiosi in fuga per decenni furono arrestati, anche se rimangono ancora degli interrogativi insoluti su quelle stragi. «La mafia è composta da uomini che si possono sconfiggere, purché lo si voglia», diceva spesso Giovanni Falcone. Ed oggi quelle sue parole profetiche rimangono attuali, in una Italia dove la presenza e le infiltrazioni di mafia, ' ndrangheta e camorra sono forse ancora più forti del passato ed anzi si sono estese in tutte le aree del paese, nelle attività economiche, negli appalti pubblici, nel gioco d'azzardo, nella gestione dei rifiuti, nel caporalato, nello sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Lo sappiamo bene: la causa umana fondamentale di ogni forma di mafia è la miseria senza vie d'uscita. Basterebbe pensare ai quartieri periferici di tante città del nostro paese, spesso in mano ai clan malavitosi, dove regna il degrado, la disoccupazione, l'ignoranza, la violenza, l'abbandono scolastico, dove mancano servizi sociali essenziali, ospedali decenti, infrastrutture adeguate. Per non parlare dei ghetti infernali e vergognosi dove sono costretti a vivere oggi migliaia di braccianti nelle campagne del sud, sottopagati e sfruttati in maniera incivile. Questa è la ragione perchè la Cisl ha deciso di impegnarsi nelle periferie urbane e del lavoro, così come ci aveva chiesto anche Papa Francesco, attraverso un impegno chiaro, quotidiano, concreto di tutto il gruppo dirigente. Sappiamo bene che la criminalità si annida nella povertà, si nutre oggi delle diseguaglianze crescenti nel paese, come ha certificato l'Istat, nel senso di solitudine e di frustrazione delle persone. E' un errore pensare che la lotta per la legalità sia cosa diversa e separata da quella per la crescita sociale, per gli investimenti e per lo sviluppo economico. Il tempo di questa lotta è unico. Il lavoro è ciò che rende liberi dai ricatti della malavita, che rende davvero la persona completa, le permette di esprimersi, di contribuire al bene comune. Ecco perchè ci vorrebbe più Stato e più Europa, insieme ad un patto vero tra il Governo e le parti sociali, sulla base di obiettivi concreti, scelte chiare e responsabilità condivise.

Ma, purtroppo, non si intravede ancora un progetto di alto profilo e che sia all'altezza della sfida che abbiamo davanti. Parliamo di nuove politiche industriali, di infrastrutture materiali ed immateriali, di interventi fiscali differenziati per la disoccupazione giovanile, di servizi per l'inclusione sociale capaci di contrastare l'aumento delle povertà, di investimenti pubblici in innovazione, ricerca, formazione, politiche attive, risorse aggiuntive per una diffusa ed effettiva alternanza tra scuola e lavoro.

Bisognerebbe, insomma, ripartire in tutto il paese dalla centralità del lavoro, dalla sua dignità, la sua sicurezza, dalla lotta ad ogni forma di sfruttamento, spezzando quella rete di omertà, di ricatto che c'è in molti territori.

Questo abbiamo chiesto e continueremo a chiedere al Governo Conte. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica Mattarella, la coesione sociale è fondamentale per la crescita economica. Ma ciascuno deve fare la propria parte. Questo e' il modo migliore per onorare anche la memoria ed il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

* Segretaria Generale Cisl