I test psicologici. Un colpo a freddo. Soprattutto inaspettato. L’ipotesi di introdurre i test psicologici ai fini della valutazione di professionalità dei magistrati ha letteralmente annichilito le toghe italiane.

La norma è contenuta nel ddl sulla riforma dell’Ordinamento giudiziario presentato la scorsa settimana dal ministro della Giustizia, il pentastellato Alfonso Bonafede.

In particolare, all’articolo 27, “Riforma del sistema di funzionamento del consiglio giudiziario, delle valutazioni di professionalità e della progressione economica dei magistrati”, è previsto, al comma d, che «il Consiglio superiore della magistratura, allo scopo di valutare il parametro dell’equilibrio del magistrato in funzione delle valutazioni di professionalità, possa tener conto, unitamente gli altri elementi conoscitivi acquisiti, del parere di uno psicologo di comprovata professionalità, appositamente nominato, assicurando all’interessato adeguate garanzie».

Una svolta che rompe un tabù di anni e che, appunto, ha lasciato senza parole le toghe. L’unica reazione degna di nota è, infatti, affidata ieri ad un corsivo del quotidiano La Repubblica.

Nuovo metodo di selezione. L’argomento, come detto, non è certamente nuovo. Prima della sortita di Bonafede, era stato qualche mese fa il ministro della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, ad intervenire al riguardo.

“Urge riformare il tradizionale metodo di selezione”, aveva dichiarato a marzo la ministra preferita da Matteo Salvini, intervenendo alla Scuola di formazione politica della Lega.

«I magistrati - aveva aggiunto - sono troppo legati ad un sapere nozionistico, spesso lontano dalle concrete complessità della carriera in magistratura: i test psicologici dovrebbero essere funzionali a verificare la stabilità emotiva, l’empatia ed il senso di responsabilità, caratteristiche imprescindibili della professione».

Nel settembre 2003, in un'intervista alla rivista inglese The Spectator, Silvio Berlusconi definì i magistrati “mentalmente disturbati” e il suo Guardasigilli, il leghista Roberto Castelli subito ipotizzò di introdurre i test.

Al solo pensiero di introdurli venne però, a differenza di questa volta, giù il mondo. La reazione è sempre stata di chiusura.

In una intervista di qualche mese fa a questo quotidiano, Edoardo Cilenti, toga di Magistratura indipendente e già segretario generale dell’Anm durante le presidenza di Eugenio Albamonte, aveva manifestato la totale contrarietà ai test psicologici «perché introducono il rischio di una omologazione secondo un modello precostituito di tipo soggettivo, con presunti esperti valutatori che potrebbero entrare finanche nel merito delle attitudini».

E, senza scomodare Silvio Berlusconi, aveva ricordato che il primo a volere i test psicologici per i magistrati era stato Licio Gelli.

Il test Minnesota. Previsti per moltissime categorie lavorative, dalle forze di polizia ai piloti d’aereo, i test psicoattitudinali sono visti dai magistrati come “un’offesa” e non come il riconoscimento della delicatezza del ruolo svolto, per il quale empatia e stabilità mentale sono di basilare importanza.

Attualmente quello più diffuso è il Minnesota Multiphasic Personality Inventory, o più semplicemente “Minnesota”, il quanto la prima pubblicazione di questo test avvenne proprio presso l'Ospedale dell'Università del Minnesota.

In questi anni è stato costantemente affinato. E’ un test che consente di individuare non solo paranoia, ipocondria, depressione, schizofrenia, ma anche se il soggetto in questione è potenzialmente portato allo sviluppo di dipendenze da sostanze stupefacenti o alcoliche.

Il test è affiancato da colloqui con da psicologi o medici con specializzazione in psichiatria. E in Europa? Va detto che l’attenzione all’equilibrio psicologico di chi amministra la giustizia è molto forte.

In Francia, Paese spesso portato a modello, sono andati oltre la semplice somministrazioni di test psicoattitudinali e di colloqui con lo psicologo.

Gli altri Paesi. Le prove d’esame per l’aspirante magistrato, che in Italia si limitano a delle verifiche scritte ed orali, prevedono lo svolgimento di un caso pratico in cui è prevista la partecipazione dello psicologo.

Quest’ultimo analizza le reazioni da parte del candidato, valutando in particolar modo come reagisce alle situazioni di stress a cui viene sottoposto dagli esaminatori.

Altre simulazioni vengono poi organizzate dalla locale Scuola superiore della magistratura e sono oggetto di valutazione.

Non solo la Francia, ma anche i Paesi bassi hanno sistemi di selezioni analoghi. In Germania, addirittura, le valutazioni psicologiche sono periodiche ed entrano nella progressione di carriera degli operatori del comparto giustizia.