Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha trasmesso a palazzo Chigi i testi della riforma della giustizia penale, civile e dell’ordinamento giudiziario ( Csm) affinché ci sia il necessario lavoro di concerto e verifica prima di presentare i disegni di legge all’approvazione del Consiglio dei ministri e poi al vaglio del Parlamento. La riforma penale contiene novità importanti frutto del lavoro di mesi, e pure sul Csm ci sono cambiamenti significativi, primo fra tutti il criterio del sorteggio ( temperato).

La prime reazioni dei magistrati sono state critiche e, tra l’altro, nel mirino c’è il fatto che uno psicologo dovrebbe valutare “l’equilibrio del magistrato”: «Una roba da Berlusconi», la sferzata. Nella riforma qualcuno ci vede la voglia di “punire” le toghe alla luce degli scandali che hanno coinvolto il Csm per la vicenda Palamara.

E’ evidente che la riforma di Bonafede è all’inizio del suo iter legislativo e non c’è traccia ( per fortuna) di possibili blindature. Come altrettanto evidente è che se la voglia punitiva facesse capolino, andrebbe rigettata e basta. Ma che di una riforma della giustizia ci sia bisogno non lo può negare nessuno: fin troppo tempo è trascorso con politici e magistrati sulle barricate. E’ ora di deporre le armi ed allontanando alibi e strumentalizzazioni per fermare un treno bloccato in mezzo al nulla. La riforma è giusto che la faccia il Parlamento, luogo naturale della volontà popolare, rigettando ipotesi di autoriforma che non hanno ragione. E’ logico e giusto che gli interlocutori primari siano i magistrati; come è altrettanto logico e giusto che siano fugati i rischi di autoreferenzialità coinvolgendo nell’ammodernamento della giurisdizione categorie come l’avvocatura che hanno il compito, delicatissimo ed indispensabile, di bilanciamento democratico dell’azione dei magistrati.

La magistratura italiana gode di una condizione di grande forza come poche altre al mondo. E’ indipendente dai cittadini, autonoma dalla politica ed ha un organo di autogoverno. Il contributo delle toghe al rafforzamento della democrazia è indiscutibile, come indiscutibile è la necessità che si impediscano degenerazioni correntiste e carrieristiche come quelle emerse nelle scorse settimane. Stop agli alibi e sforzo congiunto per migliorare il servizio giustizia reso ai cittadini. Non è un optional: piuttosto un’impellenza.