La regola, quando la prestazione dei governi è mediocre e le maggioranze inciampano in qualche imbarazzo, è far saltare il banco degli argomenti vacillanti mettendo in pista il cavallo. Non so se il concatenamento degli eventi - Russiagate sul lato salviniano, conflitti interni senza requie in casa pentastellata- era messo nel conto. Sicuramente, però, la riduzione del numero dei parlamentari, approvata in terza lettura al Senato è, nell'intento del governo ( o almeno di una sua parte), il cavallo di Troia a cui studiatamente si è fatto ricorso per distrarre il popolo dall'allegra corsetta verso il precipizio verso cui ci avviamo, tra un selfie e un facebook, dal giugno 2018. Quale migliore argomento, allora, da gettare in pasto al popolo di un bel taglio lineare del 35% dei parlamentari, un evergreen che ha sempre fatto venire i lucciconi ai demagoghi di ogni legislatura per grattare il consenso più a buon mercato? Tagliare così, un tanto al chilo, senza criterio e senza coerenza con l'impianto costituzionale il numero dei parlamentari è francamente una cosa demagogica per le molte ragioni spiegate nelle audizioni alle Camere da fior di costituzionalisti. Gli esperti, infatti, rammentavano la quantità di falle aperte nel corpo della Carta a partire dagli articoli 56,57,59 della seconda parte, con lo stravolgimento del principio della rappresentanza, del giusto rapporto con gli elettori e, non da ultimo, della costruzione dei quorum necessari per gli organismi di garanzia costituzionale, a partire dal presidente della Repubblica.

Ma, lasciando da parte le tecnicalità della scienza costituzionalistica, basterebbe porre mente al fatto che, seppur umiliato da leggi elettorali infauste, il Parlamento venne immaginato dai padri della Patria con quell'assetto e quel preciso rapporto tra rappresentanza e popolazione, in un disegno coerente e funzionale: ogni modifica di impianto, pertanto, deve rispondere ad un altra visione, ad un altro disegno capace di coerenza. Capace, cioè, di far funzionare la macchina senza stravolgerne i principi democratici che la ispirano. Le sforbiciate così, tanto per fare cosa gradita, non sono precisamente quello che serve a rilanciare il ruolo languente del Parlamento italiano.

Perché questo va detto: il Parlamento vive una difficoltà straordinaria, dovuta all'azzeramento del ruolo di ogni parlamentare, prodotto anche dalle leggi elettorali da tempo ormai dedite alla confisca sistematica della rappresentanza da parte dei capi- partito che ' nominano' gli eletti in liste bloccate; dovuta al passaggio del vero potere legislativo al governo, anzi, ai direttorii ristretti all’interno dell'Esecutivo; dovuta all’influenza di poteri estranei alla dinamica democratica ( basti leggere la cronaca politica di questi giorni) che interagiscono direttamente con i capi i quali imporranno ai loro docilissimi gruppi parlamentari l'inevitabile ratifica.

La riduzione capotica della rappresentanza parlamentare in fondo asseconda il retropensiero diffuso: se il Parlamento conta così poco tagliare 345 stipendi non può che far bene almeno all'Erario. Nessuno racconta più che l’anomalia non è il numero ma la duplicazione di due Camere che fanno la stessa cosa ( quasi un unicum nel diritto pubblico comparato), tema del tutto ignorato da questo provvedimento- trojan. Illustri colleghi costituzionalisti chiedono al Parlamento di ' aggiustare' almeno le distonie più urticanti. Non avverrà.

Piuttosto potrebbe avvenire un’altra cosa: nell’ipotesi di un referendum confermativo, com’è noto, la riforma non entrerebbe in vigore immediatamente. Questo significa che, in caso di elezioni anticipate nella prossima primavera - ipotesi teorica, ma neanche troppo - si andrebbe a votare per eleggere lo stesso numero di parlamentari di oggi. Altrimenti resterebbe il referendum.

Attenzione anche qui: non è detto che il popolo accetti senza sospetto il «dono» dei politici al comando: basti dare un'occhiata alla riforma Renzi e prima di lui alla riforma Berlusconi. Insomma armi di distrazioni di massa per masse che alla fine si dimostrano meno distratte.