Processo civile. La preoccupazione per la durata dei processi rischia di condizionare le scelte nella riforma del “civile”.

Così nel testo illustrato ieri, dal ministero della Giustizia, alle rappresentanze forensi e ai magistrati, arrivano un paio di ritocchi ritenuti problematici, in particolare, dall’Associazione giovani avvocati e dall’Unione Camere civili.

Si tratta delle preclusioni implicite inflitte rispetto alle memorie, e alla “liofilizzazione” del modello decisorio nel giudizio d’appello che, come ricorda una nota del Cnf, dovrebbe invece «sempre assicurare il contraddittorio scritto».

Chiaroscuri di una riforma

«Luci e ombre», per richiamare la sintesi di Antonio de Notaristefani, presidente delle Camere civili.

Anche luci, certo, considerato che, come rileva una nota del Consiglio nazionale forense, permangono - tra i 12 articoli del ddl delega riservati alla materia - «l’eliminazione del filtro di inammissibilità in appello e la semplificazione della negoziazione assistita», estesa «in materia di lavoro» e arricchita da «poteri di istruzione, con possibilità di trasferimento delle acquisizioni probatorie nel processo».

Un «atto di fiducia e un’assunzione di responsabilità per la professione forense», come osserva il presidente dell’Aiga Alberto Vermiglio.

Sulla negoziazione, peraltro è fermo il giudizio negativo dell’Anm, pure intervenuta alla riunione tenuta ieri a via Arenula alla quale, tra le rappresentanze dell’avvocatura, ha partecipato naturalmente l’Organismo congressuale forense.

Dialogo continuo

Gli aspetti critici «potranno trovare soluzione sia nel seguito del confronto col ministero sia nelle fasi parlamentare e attuativa», spiega il consigliere Cnf Andrea Pasqualin.

Serviranno, secondo Vermiglio, «correttivi importanti: il ministero ha accolto anche istanze sollecitate da noi Giovani avvocati, come quelle su modifiche al Pct, implementazione delle notifiche, eliminazione del filtro in appello».

Ma il vertice dell’Aiga guarda con perplessità ai vincoli sulle memorie nella prima fase del giudizio: «La prima acquisisce un rapporto di conseguenzialità con quella della controparte, la seconda consente modifiche solo su disponibilità del giudice».

A questo va aggiunta la «decisione immediata prevista in appello», senza possibilità di memorie scritte, appunto.

Il presidente dell’Uncc de Notaristefani criticaa sua volta le modifiche ipotizzate per il secondo grado in quanto «svalutano la discussione».

Ma insiste soprattutto sulle condizioni poste ai difensori nella prima fase: «Si rischia di spostare tutto il peso della causa sulla valutazione di necessità relativa alla seconda memoria. Vuol dire aggravare la tendenza che vede già oggi un trenta per cento delle sentenze civili destinato a stabilire non chi abbia ragione e chi toro, ma quale tra le parti si sia attenuta alle regole. Un formalismo che rischia di far divergere la legalità dalla giustizia».

Resta il riconoscimento unanime, da parte di Cnf, Ocf, Aiga e Unione Camere civili, della «disponibilità all’ascolto mostrata dal ministro della Giustizia». Il quale si è riservato di valutare le osservazioni mosse dall’avvocatura all’ultima bozza della riforma: dieci giorni di riflessione prima di presentare il testo in Comnsiglio dei ministri.