Poche cose fanno imbestialire i napoletani ( lo è chi scrive, ndr), come i riferimenti gratuiti ai luoghi comuni. In particolar modo, quelli noti ai più ( fuori Napoli) e considerati variamente offensivi in città. La cronaca della cerimonia inaugurale delle Universiadi 2019, mercoledì scorso, è riuscita a pescare il meglio/ peggio del campionario degli stereotipi, dalla città che spara al caffè sospeso. Quest’ultimo, ormai, troppo anche per i cinesi. Una grande occasione persa. Perché i giochi degli atleti universitari non sono tanto una piccola Olimpiade, ma soprattutto la possibilità di misurarsi finalmente con qualcosa di grande, dal respiro internazionale, che costringa molti a non guardarsi solo l’ombelico. Ancor di più, nel caso di Napoli, le opportunità offerte dalle Universiadi sono una sorta di unicum.

Non è necessario ricorrere ai già citati luoghi comuni sul capoluogo partenopeo, per intuire il livello di sfida, rappresentato da un’organizzazione complessa e articolata, in una città generalmente abituata a gestire per lo più emergenze. Le Universiadi hanno un illustre precedente, ben più impattante: il G7 del 1994, fortemente voluto a Napoli dall’allora capo del governo e futuro Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. L’afflusso ( controllato e ben indirizzato) di fondi per l’evento trasformò letteralmente il volto della città. Si fecero lavori di pubblica utilità attesi da decenni, si intervenne su alcuni dei più rilevanti monumenti cittadini e si intervenne con efficacia sul decoro urbano, regalando una stagione di ritrovato orgoglio ai napoletani. Non ne scriviamo per sentito dire, c’eravamo e possiamo testimoniare il valore inestimabile dei grandi eventi. Se fatti bene.

Solo pochi anni prima, la disastrosa gestione della macchina di Italia ’ 90 a Napoli, aveva riempito la città di obbrobri architettonici e lavori lasciati a metà, tanto per giustificare una mazzetta in più. Oggi, come nel ‘ 93-‘ 94, senza un grande evento che costringa gli amministratori pubblici ad uscire dal tran- tran e ritrovare un pizzico di coraggio e inventiva, Napoli non avrebbe avuto uno stadio rimesso a nuovo. Del San Paolo, per inciso, parlavano e litigavano inutilmente da anni amministrazione comunale e Calcio Napoli.

Senza le Universiadi, Napoli avrebbe visto andare in malora quel poco che restava della gloriosa Piscina Scandone, impianto costruito – guarda un po’ – in occasione dei Giochi del Mediterraneo, nel lontanissimo 1963. Per tacere di tante altre strutture, piccole e grandi. Gli eventi e le loro esigenze, poi, aguzzano l’ingegno, spingendo amministratori e organizzatori a inventarsi soluzioni. Come il ‘ villaggio galleggiante’, per evitare dispendiose e impossibili nuove costruzioni. Napoli sta ospitando gli atleti a bordo di due navi da crociera, ormeggiate nella Stazione Marittima, già di per sé monumento a un pezzo di storia della città, l’era della grande emigrazione.

Che tutto questo sia stato solo accennato, durante la cronaca della serata inaugurale, dà la misura della preoccupante incapacità di andare oltre lo scontato. Si fa meno fatica a raccontare di uno sconsiderato che si tuffa in mare con un motorino e di una scommessa umiliante. Vuoi mettere che figata di luogo comune?