Arricchimento di uranio. L’Iran passa dalle minacce ai fatti: l’arricchimento dell’uranio ha toccato il 4,5%, rompendo così la soglia del 3,67% prevista dall’accordo sul nucleare siglato nel 2015 con gli Usa di Obama.

A dare l’annuncio è stato il portavoce dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Behrouz Kamalvandi.

Livello non pericoloso

«Questo livello di purezza soddisfa completamente i requisiti di autonomia del Paese nel settore energetico», ha spiegato all’agenzia di stampa semi- ufficiale Isna.

Ha accennato inoltre al fatto che la Repubblica islamica potrebbe mantenere questo livello di arricchimento per il momento, che è ben al di sotto del livello del 90% richiesto per una testata nucleare.

Ma il messaggio è molto chiaro: l’accordo tanto celebrato dall’Ue, e da cui un anno fa si è ritirato il presidente americano, Donald Trump, è poco più che carta straccia.

L’Unione Europea si è dichiarata - ancora una volta - «estremamente preoccupata» dall’annuncio di Teheran e ha lanciato un appello a «fermarsi e fare marcia indietro su tutte le attività che non sono in linea con gli impegni» presi.

Le preoccupazioni europee

Domenica Francia, Germania e Gran Bretagna avevano esortato in coro la Repubblica islamica a fermare la sua corsa alla violazione dei patti.

Per risposta, il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Mousavi, ha ammonito i Paesi dell’Ue contro ogni escalation.

«Se dovessero comportarsi in modo strano e inaspettato, salteremo tutti i passi successivi ( del piano di riduzione dell’impegno annunciato a maggio) e metteremo in atto quello ultimo», ha dichiarato senza spiegare la natura di questo «ultimo passo definitivo».

Ma non sembra presagire nulla di buono. Con il 4,5% di arricchimento dell’uranio cadono nel vuoto anche gli ultimi avvertimenti arrivati da Washington.

Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, aveva twittato domenica sera che l’ Iran avrebbe affrontato «ulteriore isolamento e sanzioni».

La Cina e la Russia, gli altri partner dell’accordo, hanno invece entrambi accusato gli Stati Uniti dell’ultimo passo compiuto da Teheran.

Per Pechino l’escalation è colpa del «bullismo unilaterale» americano, mentre il Cremlino ritiene che superare la soglia sia stata una delle «conseguenze» del ritiro dall’accordo da parte della Casa Bianca.

Ovviamente tutti richiamano al dialogo e alla ripresa dei negoziati, ma il quadro delle alleanze emerge chiaramente.