di Vincenzo Comi* Le condizioni di vita dei detenuti misurano il livello di sviluppo sociale di uno Stato. Il sovraffollamento carcerario è diventato nuovamente un dato allarmante. I numeri sono sotto gli occhi di tutti. Nell’ultimo anno la popolazione detenuta è cresciuta di 2.047 unità con un andamento progressivo crescente. Oggi i detenuti in carcere in Italia sono quasi 61mila a fronte di una disponibilità di posti non superiore a 50mila. Scorrendo i dati statistici del ministero della Giustizia emergono piante organiche insufficienti con solo 930 assistenti sociali e 999 educatori per tutti i detenuti italiani. Il sovraffollamento pregiudica la vita intramuraria e costringe persone a vivere in condizioni al di sotto del minimo della dignità umana. Come ha detto giustamente il Garante Nazionale dei detenuti Mauro Palma, “non si può pensare che nel luogo di ricostruzione del senso di legalità possano essere fatte vivere situazioni che ledono la legalità stessa”. Riflessione semplice e indiscutibile, ma purtroppo altrettanto inascoltata dal legislatore e dalla magistratura. Sì, anche dalla magistratura e in particolare da quella di sorveglianza, perché se è vero che – come riportato nelle tabelle ufficiali – l’aumento non è ascrivibile a maggiori ingressi in carcere di condannati liberi ma a minore possibilità di uscita, questo fenomeno è legato alla cultura carcero-centrica che purtroppo domina oggi tra i giudici. Il governo ha dimostrato di voler imboccare una via in disaccordo dai principi costituzionali e in sintonia, piuttosto, con l’idea più volte sintetizzata nel tweet “il detenuto MARCISCA in carcere”. E pure la Corte EDU aveva sollecitato con la sentenza Torregiani del 2013 una riforma dell’ordinamento penitenziario finalizzata a ristabilire la legalità della pena e a prevedere modalità di esecuzione diverse dalla detenzione in carcere, eliminando gli automatismi nella concessione delle misure alternative. Al contrario il governo, nella “spazza-corrotti”, ha introdotto nuovi casi di ostatività, e nel decreto sicurezza ha irrazionalmente inasprito le sanzioni penali. L’Unione delle Camere Penali Italiane ha deliberato per domani, 9 luglio, una giornata di astensione, con l’obiettivo di denunciare la situazione attuale, intollerabile e priva di speranza, convocando una manifestazione nazionale a Napoli nel Palazzo di giustizia. Assistiamo purtroppo a continue proteste anche violente all’interno di numerosi istituti di pena. Azioni non condivisibili ma che – come affermato nella delibera di astensione dei penalisti – “dovrebbero far accendere i riflettori su un sistema marcio che deve immediatamente trovare la strada di una trasformazione costituzionalmente orientata e che non può essere risolto con l’immediato trasferimento dei rivoltosi in strutture punitive”. Ma un esempio di speranza c’è ancora. È il viaggio nelle carceri dei giudici della Corte Costituzionale che – per la prima volta nella storia – hanno incontrato i detenuti di sette istituti. Da questa esperienza è stato prodotto un film del regista Fabio Cavalli nel quale si racconta l’incontro tra due umanità: la legalità costituzionale da una parte e l’illegalità dall’altra. Il viaggio dei giudici è un confronto tra diversi mondi ed emozioni, in cui al centro c’è la Costituzione, la fiaccola della speranza per una esecuzione penale che sia – a tutti gli effetti – legale. Il film ha suscitato grande interesse e riscosso successo: merita di essere visto da tutti. Nella giornata di protesta dei penalisti la Camera Penale di Roma ha organizzato la proiezione del film all’interno del Tribunale di Roma, alla presenza del presidente della Corte costituzionale Giorgio Lattanzi. Dopo la proiezione, che inizierà alle 17.00, seguirà una conversazione con il presidente della Consulta, che risponderà alle domande di Cesare Placanica (presidente della Camera Penale di Roma), Gian Domenico Caiazza (presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane) e Antonino Galletti (presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma). È un’occasione straordinaria per rilanciare i valori della Costituzione sul terreno dell’esecuzione della pena e per essere modello di un percorso di speranza per gli ultimi. *Vicepresidente della Camera Penale di Roma