Il ponte Morandi non c’è più. A undici mesi dal drammatico crollo di uno dei simboli di Genova e dai 43 morti cheha provocato, la struttura è stata abbattuta.

Le cariche di esplosivo piazzate sui piloni rimasti in piedi, tra le case sottostanti, sono state fatte brillare pochi minuti prima delle dieci del mattino di ieri.

Per assistere alla demolizione, supervisionata dalla Protezione civile, erano presenti i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, la ministra Elisabetta Trenta, il governatore della Liguria, Giovanni Toti e il sindaco di Genova, Marco Bucci. L’evento, però, è stato seguito con il fiato sospeso e gli occhi lucidi da tutta la città: così si apre la nuova fase, dopo il drammatico 14 agosto dell’anno scorso.

Da qui Genova ripartirà, con un nuovo ponte progettato dal genovese doc Renzo Piano e con una nuova arteria che ricongiungerà la parte orientale con quella occidentale della città. Soprattutto, gli abitanti delle zone circostanti potranno tornare nelle loro abitazioni: «Aspettiamo il primo check alle 17 e il secondo alle 21. Sulla base del secondo check prenderemo decisioni sul rientro» dei circa 3400 residenti sfollati per garantire le operazioni in sicurezza, ha spiegato il sindaco. L’operazione di “implosione controllata” «non ha uguali e non è mai stata fatta in un centro abitato come Genova. Siamo contenti di questo successo», ha concluso Bucci.

Parallelamente, sono già in corso le attività di ricostruzione, iniziate il 31 marzo: «La fase di costruzione si è aperta a marzo, sotto terra, e tre giorni fa abbiamo inaugurato il primo pilone a vista», ha spiegato il sindaco.

Il tema della ricostruzione di una struttura architettonica di questa portata, tuttavia, richiama le polemiche politiche seguite al crollo e in particolare i rapporti con la concessionaria, Autostrade.

«Cominciamo a ricostruire quel che ci hanno sottratto e io darò tutto me stesso perché venga finalmente fatta giustizia», ha scritto su Facebook Luigi Di Maio, aggiungendo che «è chiaro ed evidente che se vogliamo fare giustizia - sì, nelle sedi processuali ci saranno i processi e ci saranno i risarcimenti danni - noi come Stato abbiamo il dovere di togliere le autostrade italiane a chi non ha fatto la manutenzione», ovvero Autostrade per l’Italia, cui i 5 Stelle vogliono revocare la concessione: «Questa è una volontà politica del M5s e lo deve essere del governo».

Più cauto, invece, il suo omologo Matteo Salvini, che ha cercato di spegnere il fuoco acceso da Di Maio contro Atlantia ( la società che fa capo ai Benetton, da lui definita «decotta», provocando una tracollo in borsa), interessata sia dalla vicenda “Morandi” che da quella sulle sorti di Alitalia. «Un conto è il lavoro degli avvocati e dei giudici, chi ha sbagliato paga; di mezzo non ci devono andare però i lavoratori e questo riguarda tutte le vicende industriali aperte», ha commentato Salvini, che ha aggiunto «Stiamo parlando di una società che dà migliaia di posti di lavoro, è quotata in Borsa e fattura decine di miliardi di euro. Prima di dare giudizi sommari, quando ci sono di mezzo posti di lavoro, io sono sempre molto attento». Segno che, all’interno del governo, la vicenda sulle concessioni è tutt’altro che chiusa, e Autostrade per l’Italia aspetta gli esiti della commissione ministeriale di valutazione per la revoca delle concessioni, prima di scoprire le sue carte.