La presunta Mani pulite in seno alla magistratura italiana diventa un tema di allarme per il Consiglio d’Europa. In particolare per il suo organo che si occupa del monitoraggio sui fenomeni di malaffare, il “Gruppo di Stati contro la corruzione”, meglio noto con l’acronimo “Greco”.

Osservatorio di cui in genere si dà notizia a proposito delle valutazioni sui reati contro le amministrazioni pubbliche, e del grado di “moralità” riscontrabile al loro interno. Il “Greco” ora ha deciso di accendere un faro d’osservazione permanente sulla “corruzione” dei magistrati italiani. In realtà i reati legati ai traffici illeciti in ambito giudiziario non solo sono da tempo monitorati a Strasburgo, ma sono anche oggetto di puntuali raccomandazioni contenute nei periodici “rapporti di conformità”, l’ultimo pubblicato lo scorso 13 dicembre.

Ma alcuni giorni fa, la scorsa settimana, l’organo di controllo del Consiglio d’Europa ha avuto uno scambio di missive con il Csm italiano, in cui ha chiesto ulteriori elementi, relativi, naturalmente, al caso che ha terremotato la magistratura a partire dall’indagine di Perugia su Luca Palamara. Ricevuta una risposta in cui il giudizio del Csm era almeno in parte sospeso in attesa che le recenti vicende si chiariscano – dai rapporti dell’ex presidente Anm con la rete di Amara alle cene dell’indagato Lotti con i togati che avrebbero dovuto scegliere il suo accusatore – il “Greco” ha risposto che tornerà a bussare a dicembre per averne altre informazioni.

«Seguiamo molto attentamente quanto accade in Italia a proposito del Csm», ha confermato il segretario esecutivo del “Greco”, che è un italiano, Gianluca Esposito. Tutto fisiologico. Se non fosse che ora anche a livello continentale la crisi di credibilità della magistratura italiana è schizzata in cima agli ordini del giorno.