Il 21 giugno 2019 sarà ricordato come il giorno che segnò il nuovo corso del Consiglio superiore della magistratura. Con quali regole, però, nessuno ieri mattina a Palazzo dei Marescialli lo ha saputo dire con esattezza. E’ durato circa un’ora il Plenum straordinario della svolta, quella della presa di distanza dalle dinamiche clientelari di spartizione correntizia che avrebbero, a detta dei diretti interessati, contraddistinto il Csm nell’ultimo periodo.

«Oggi si volta pagina nella vita del Csm. La prima di un percorso di cui non ci si può nascondere difficoltà e fatica di impegno. Dimostrando la capacità di reagire con fermezza contro ogni forma di degenerazione», ha esordito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Quel che è emerso, da un'inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile: quanto avvenuto ha prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l'autorevolezza non soltanto di questo Consiglio ma anche il prestigio e l'autorevolezza dell'intero ordine giudiziario; la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensabili al sistema costituzionale e alla vita della Repubblica», ha aggiunto.

«Il coacervo di manovre nascoste ha spiegato il capo dello Stato - di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell'ordine giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratura».

«Occorre far comprendere che la magistratura italiana e il suo organo di governo autonomo hanno al proprio interno gli anticorpi necessari e sono in grado di assicurare rigore e piena linearità: tutta l'attività del Consiglio - ha ammonito Mattarella - sarà guardata con grande attenzione critica e forse con qualche pregiudiziale diffidenza. Non può sorprendere che sia così e occorre essere ancor più consapevoli dell'esigenza di assoluta trasparenza, e di rispetto rigoroso delle regole stabilite, nelle procedure e nelle deliberazioni».

«Vi è la necessità di modifiche normative, ritenute opportune e necessarie, in conformità alla Costituzione. - ha infine detto il presidente - Ad altre istituzioni compete discutere ed elaborare eventuali riforme che attengono a composizione e formazione del Csm: il presidente della Repubblica seguirà con attenzione questi percorsi ma la Costituzione non gli attribuisce il compito di formulare ipotesi o avanzare proposte».

Toccherà dunque al Parlamento trovare il modo di togliere potere alle correnti. Concetto ribadito da tutti i consiglieri. «Bisogna ripensare l’intero modello dell’organizzazione giudiziaria e riportare l’etica del magistrato al dovere di rendere giustizia», ha detto Piercamillo Davigo di Autonomi& Indipendenza, la corrente che con le dimissioni dei togati coinvolti nel dopo cena con i deputati dem Luca Lotti e Cosimo Ferri, ha raddoppiato la propria presenza al Csm, divenendo il primo gruppo.

«Occorre riaffermare il prestigio del Csm, restituendo centralità alle regole», ha spiegato Marco Mancinetti di Unicost. Mentre Loredana Micchichè ( Magistratura indipendente) ha invocato «una prospettiva di necessaria autoriforma, il rispetto di quelle regole programmate, in relazione alle quali si è verificato un pericoloso scollamento».

«Nessun consigliere deve avere contatti con i candidati a un posto su cui il Consiglio dovrà esprimersi; né qui, né fuori di qui – ha puntualizzato Alberto Maria Benedetti, laico M5S – tutti i candidati devono essere trattati alla stregua di concorrenti a un pubblico concorso».

Più “tecnico” l’intervento del togato di Area Giuseppe Cascini: «L’obiettivo da perseguire deve essere quello di rafforzare il potere di scelta degli elettori». Bisogna modificare il Testo Unico della dirigenza, con «il ripristino delle fasce di anzianità, il rafforzamento del peso della esperienza professionale maturata nel settore da ricoprire, ed un rigoroso procedimento di verifica della idoneità del dirigente in sede di conferma», ha aggiunto.

«La riforma, mi pare sia sotto gli occhi di tutti, è necessaria, ma non spetta a noi farla. È il sistema elettorale probabilmente che ha generato lo strapotere delle correnti», ha voluto ricordare anche il vicepresidente David Ermini, ribadendo la bontà della contestata votazione di Marcello Viola, pg di Firenze, come nuovo procuratore di Roma al posto di Giuseppe Pignatone.